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La chiamata alle armi di "The Great Unfollow" per smettere in massa di seguire Trump è davvero quello che serve per migliorare il clima su Twitter?

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Gli ideatori della campagna invitano semplicemente ad andare su profilo personale di Donald Trump e cliccare su "Smetti di seguire": per anni il presidente uscente lo ha usato per avvelenare il dibattito pubblico diffondendo odio e fake news. L'unfollow di massa, però, ricorda da vicino forme di bullismo di cui spesso il repubblicano ha lamentato di essere vittima online.

Si chiama “The Great Unfollow” ed è una campagna che, già dai primi giorni dopo il voto americano, invita gli utenti a smettere in massa di seguire Trump su Twitter. Non è un mistero del resto che quello dei cinguettii sia da sempre il social preferito dal presidente uscente, usato indifferentemente per battagliare con gli avversari politici, attaccare la stampa, diffondere «fatti alternativi», persino blastare gli elettori.

Insomma «negli ultimi dieci anni Trump ha usato Twitter per diffondere odio, intolleranza, bugie e disprezzo per la libertà di stampa», scrivono da Creature, il gruppo di creativi indipendenti londinesi dietro alla mobilitazione online per l’unfollow di Trump, ed è per questo che è arrivato il momento di «colpirlo dove fa più male: nel suo ego». La proposta così è, appunto, di smettere definitivamente e massivamente di seguire l’account Twitter personale di Trump, @realDonaldTrump (anche l’account @POTUS è al momento in uso al repubblicano, ma si tratta di un account ufficiale in dotazione a tutti presidenti USA e che, in quanto tale, sarà anch’esso oggetto a gennaio 2021 del passaggio di consegne al governo Biden). E quello in cui sembrano sperare ideatori e partecipanti di “The Great Unfollow” è che, sapendo di non poter parlare più a decine di milioni di utenti (al momento oltre ottantotto) con un semplice tweet ed essendo peraltro sicuro che lo stesso verrà ripreso ripetutamente da stampa e media fino a moltiplicarne esponenzialmente la visibilità, sia lo stesso Trump a zittirsi spontaneamente – e strategicamente – su Twitter.

“The Great Unfollow”: perché (e come) molti utenti stanno smettendo di seguire Trump su Twitter

Da un punto di vista sia visivo e sia linguistico, comunque, questa campagna per l’unfollowing massivo di Trump su Twitter gioca con il campo semantico dell’infantilità e della megalomania. Sul sito di “The Great Unfollow” c’è, infatti, l’immagine animata di un grosso palloncino a elio dalle sembianze dell’(ex) presidente repubblicano nudo, coperto solo da un pannolino attaccato in cinta da una spilla da balia e con in mano uno smartphone acceso sulla schermata di Twitter. Chiunque voglia partecipare alla mobilitazione può semplicemente colpirlo in qualsiasi punto con un click – il cursore è, a sua volta, una versione animata e svolazzante del logo di Twitter, quasi a suggerire con una simbologia fin troppo semplice che chi di tweet ferisce, di tweet perisce – e prepararsi a godere mentre lo vede sgonfiarsi.

The Great Unfollow
The Great Unfollow

A questo punto sulla schermata compare un bottone azzurro e seguendolo – naturalmente tutta la semplice user experience del sito è progettata perché non si abbandoni prima di aver fatto click – si atterra sul profilo Twitter di Trump da cui, se si è già loggati sul social, si può finalmente effettuare l’unfollow. In alternativa, chiunque giunga sul sito di “The Great Unfollow” ma proprio non voglia smettere di seguire il politico (perché fa informazione, perché è tra gli appassionati che proprio non riescono a non parlare di politica sui social, ecc.) può fare una donazione a Choose Love, un’associazione che si occupa di supporto ai rifugiati nel mondo, cosa che dovrebbe far arrabbiare (quasi) allo stesso modo un presidente le cui politiche migratorie tutto si può dire siano state tranne che votate all’accoglienza.

Come sottolinea Campaign, a smettere di seguire Trump su Twitter sono già stati molti twitterer di lungo corso come Caitlin Moran, Gina Martin e Adam Kay e non è difficile immaginare che, per il buon seguito di cui godono, questi possano essere ambasciatori della mobilitazione anti-Trump su Twitter presso i proprio follower .

L’unfollow di massa di Trump è quello DI CUI (non) abbiamo bisogno per rendere più sana la conversazione su Twitter

Smettere di seguire Trump su Twitter per provocazione, però, è davvero molto meno infantile delle pretese – vere e al centro di una lunga vicenda legale – di Trump di poter bloccare su Twitter degli utenti che avevano manifestato visioni e posizioni contrapposte alle sue? E paragonando il presidente uscente a un pallone gonfiato non si sfrutta forse un cliché ormai (ab)usato da oppositori dei repubblicani e da un certo elettorato radical chic?

Il rischio sembra essere, insomma, che operazioni come The Great Unfollow” abbiano una sorta di effetto boomerang: quando e se si accorgerà di aver perso un gran numero di follower improvvisamente, Trump potrebbe cinguettare lamentoso di essere stato bullizzato – e in effetti l’esclusione, ossia l’isolamento della vittima anche sui social e negli ambienti digitale tramite la rimozione dagli amici, dalle chat di gruppo o l’improvviso unfollowing è una delle tecniche più comunemente utilizzate dai cyberbulli – e ritornare a prendersela con il famoso «bias democratico» di cui, a detta dello stesso Trump, le piattaforme digitali sarebbero impregnate. Anche senza contare che quando non sarà più presidente americano Trump perderà anche i suoi privilegi sui social (al momento, infatti, alcune piattaforme stanno continuando per esempio a non fare fact-checking sui post di Trump e degli altri politici per dare l’opportunità agli elettori di farsi un’idea più completa e veritiera su chi e che posizioni stessero votando), più funzionale potrebbe essere insomma, se l’obiettivo è rendere più salutari il clima e le conversazioni su Twitter, sfruttare la spinta gentile di alcune impostazioni rilasciate da Twitter durante la campagna elettorale per le presidenziali 2020 proprio con gli stessi obiettivi. Sono feature come l’impossibilità di fare un semplice retweet o un disclaimer visualizzato nel caso in cui si stia cercando di ricondividere un link senza averlo prima aperto od ormai dato bel tempo.

Feature che, per altro, secondo lo stesso team di Dorsey hanno già funzionato come e più più del previsto.

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