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Come cambieranno i consumi media nel 2023 secondo YouGov

Da un lato si consolideranno abitudini adottate durante lockdown e quarantene, dall'altro si tornerà (con cautela) agli eventi live. A dettare i trend per i consumi media saranno, però, per YouGov soprattutto i giovanissimi.
Numerosi studi nei mesi scorsi hanno dato conferma di come la pandemia ha profondamente inciso sulle abitudini di consumo, modificando radicalmente i consumi digitali dei più giovani durante lockdown e quarantene; essa, per esempio, ha favorito fenomeni come l’exploit del gaming o quello dei servizi per lo streaming in abbonamento. YouGov ha provato ad analizzare con uno studio dedicato ai trend 2023 per i consumi media come questo scenario sia già cambiato e continuerà a cambiare in un futuro prossimo in cui, nei più svariati campi, si tornerà definitivamente alle routine pre-COVID.
Secondo YouGov non cambierà quest’anno la penetrazione dei diversi media
L’insight più macroscopico è che nei prossimi dodici mesi non ci saranno a livello globale cambiamenti drastici nella penetrazione dei diversi media.
Il 93% degli intervistati che ha raccontato di aver visitato siti web e app negli ultimi dodici mesi continuerà a farlo nei prossimi dodici e così sarà anche per l’88% che ha usato almeno un social media , per i tre quarti di intervistati che hanno assistito di persona a eventi dal vivo (concerti, spettacoli teatrali, partite o competizioni sportive, eccetera) e per i due terzi che hanno giocato a un videogame sul PC, sullo smartphone o su apposite consolle.
Il primo tra i trend 2023 per i consumi media individuati da YouGov sembra essere legato, insomma, a una certa resistenza a cambiare le proprie abitudini quando si tratta di scegliere come informarsi o come trascorrere parte del tempo libero: se cambiano, le diete mediatiche delle persone cambiano molto lentamente e a piccoli passi, come dimostrano i risultati di “The Global Media Landscape” 2022 e quelli di numerose altre analisi di settore, tra cui, per esempio, quelle dedicate annualmente ai consumi media degli italiani.
Lentamente si ritorna alle vecchie abitudini, ma senza abbandonare quelle scoperte in pandemia
Nel tentativo di provare a interpretare anche i più piccoli cambiamenti nell’approccio ai media, la compagnia ha calcolato la “crescita netta” di ogni attività – per differenza tra la percentuale di utenti che intendono dedicarvisi di più nei prossimi dodici mesi e quella di chi intende dedicarvisi di meno – e l’ha confrontata con quella dello scorso anno.
Ne deriva uno scenario in cui, in parte prevedibilmente, rallenta la crescita di attività meramente digitali come visitare siti web o usare applicazioni (attività che segnerà quest’anno solo un +18%, contro un +30% dello scorso anno) o guardare film e video in streaming (+13% nel 2023 contro un +21% nel 2022), mentre torna ad aumentare il tempo dedicato ad attività offline come ascoltare la radio (che lo scorso aveva segnato un -2% e che nei prossimi mesi crescerà invece del +1%), partecipare in presenza a un evento live (si passerà da un -16% nel 2022 a un -1% nel 2023), o guardare un film al cinema (che continuerà a registrare quest’anno un -5%, dato comunque migliore rispetto al -22% del 2022).
Il dato sull’ascolto radiofonico, suggeriscono dalla compagnia, è intimamente legato alla ripresa degli spostamenti quotidiani in macchina o sui mezzi pubblici: il drive-time, del resto, è tradizionalmente la finestra della giornata in cui è più probabile che si ascolti la radio, nonostante, negli ultimi due anni, a causa delle circostanze contingenti sia stato trasformato e rivisitato nel cosiddetto “sofa-time”.
Per quanto riguarda la partecipazione agli eventi dal vivo, invece, le aspettative erano forse migliori: la ripresa è lenta, segno di un atteggiamento ancora prudente delle persone ma anche, soprattutto per quanto riguarda il cinema, di effetti della pandemia che potrebbero rivelarsi più gravi del previsto.
A dettare i trend 2023 per i consumi media saranno i giovanissimi della Gen Z (oltre che fattori geografici)
Come per le principali tendenze di marketing digitale o di innovazioni tecnologiche che guideranno il mercato quest’anno, anche per definire i maggiori trend 2023 per i consumi media sarà cruciale considerare gusti, abitudini, preferenze, bisogni, ambizioni, aspettative della generazione z .
Considerati da molte aziende e marketer il target più strategico del momento, i giovanissimi della Gen Z non hanno vere e proprie routine mediatiche consolidate, a differenza dei loro genitori. Sono piuttosto alla costante ricerca di attività che li stimolino e li ispirino e, quando ne trovano una, tendono a mostrare alti livelli di engagement .
Non possono che rappresentare, così, una straordinaria opportunità per i media brand che, d’altro canto, dovranno imparare a fare i conti con la minore propensione di giovani e giovanissimi a restare fedeli ai brand e con un atteggiamento, cioè, più “nomade”.
I driver che quest’anno guideranno i consumi media saranno diversi anche su base geografica. In Cina, per esempio, si tornerà ancora più lentamente che nel resto del mondo a presenziare agli eventi dal vivo per via delle nuove ondate di contagi. Più in generale, considerata la spiccata prominenza nel mercato asiatico dei media digitali, la crescita maggiore continuerà a riguardare anche quest’anno attività come le visite ai siti web o l’utilizzo di app e piattaforme per lo streaming di contenuti video e audio.
Come cambierà quest’anno l’approccio ai servizio in abbonamento
Proprio le ott sarebbero secondo altri studi le app per cui gli utenti attualmente spendono di più: non è possibile, pertanto, non soffermarsi sul loro futuro se si vogliono comprendere meglio i trend 2023 per i consumi media.
Secondo YouGov, dopo il boom di utenti che hanno cominciato a usarle durante la pandemia spesso finendo per occupare il tempo maggiore trascorso a casa con il binge watching di serie TV, film, documentari, comincia a rallentare quest’anno la crescita delle piattaforme per lo streaming video.
Poco più di un intervistato su quattro a livello globale dice di voler incrementare quest’anno il consumo di contenuti video in streaming, contro una percentuale che era del 35% lo scorso anno.
Oltre un intervistato su tre continuerà a mantenere il proprio abbonamento ai servizi SVOD; analoghe sono le percentuali di persone che non hanno ancora un abbonamento ma considerano l’opportunità di attivarlo quest’anno (13%) e di chi sta valutando invece se cancellare il proprio abbonamento già esistente (14%).
È soprattutto la generazione dei millennials quella intenzionata a mantenere i propri abbonamenti ai servizi per lo streaming video e ciò non può che dipendere da una maggiore disponibilità economica rispetto, per esempio, ai giovanissimi della Gen Z. Quest’anno, infatti, l’incertezza finanziaria e l’aumento del costo della vita porteranno a rivedere le spese per i consumi media, incluse appunto quelle per gli abbonamenti.
Non sarà solo il fattore economico, certo, a incidere sulla scelta di mantenere o meno il proprio abbonamento a Netflix, Prime Video, Hulu, Disney + e simili. Stando agli insight di “The Global Media Landscape” contano anche la soddisfazione generale nei confronti del servizio, la possibilità di sfruttare pienamente l’abbonamento, la certezza di avere contenuti sempre nuovi e aggiornati; allo stesso modo incideranno anche altri fattori, come la facilità con cui si può disdire l’abbonamento quando non si è più interessati, o la disponibilità di piani a prezzi inferiori e con annunci pubblicitari.
Molti italiani che già condividevano l’account hanno apprezzato, per esempio, l’arrivo della pubblicità su Netflix proprio per la possibilità di risparmiare sul costo del piano in abbonamento.
Le opportunità di crescita sembrano potenzialmente maggiori per i servizi di streaming musicale in abbonamento.
Attualmente il 47% degli utenti globali non ha, infatti, un piano a pagamento. La cattiva notizia è che si tratta di una fetta di utenti che non sembra neanche interessata a sottoscriverne uno, non in tempi brevi almeno: solo un intervistato da YouGov su cinque starebbe attualmente valutando di abbonarsi a una piattaforma musicale come Spotify, Apple Music, Youtube Music, eccetera.
Tra chi ha già un abbonamento musicale o sta valutando di iscriversi a un servizio di streaming musicale a pagamento ci sono soprattutto giovanissimi under 34, non a caso individuati dagli esperti come la “Streaming Generation”, per la quale i consumi mediatici in generale e soprattutto quelli musicali hanno da sempre un forte valore simbolico, d’appartenenza e di “status”.
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