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Saremo consumatori più virtuali, attenti al nostro tempo e all'ambiente: alcuni trend di consumo post coronavirus

Quali saranno i principali trend di consumo post coronavirus? Cosa diranno di bisogni e desideri dei consumatori? Due studi provano a rispondere.

L’emergenza coronavirus ha cambiato le abitudini di consumo di molti; con i negozi chiusi per il lockdown molti più italiani hanno fatto acquisti online; il (tanto) tempo libero in più durante la quarantena ha giovato soprattutto ai servizi digitali per l’intrattenimento o l’educazione. Più che reazioni immediate come queste, però, la sfida per gli addetti ai lavori è riuscire a interpretare – e a prevedere, se possibile – come la paura di nuovi focolai di contagio, il parere della scienza concorde già dai primi casi di COVID-19 nel sostenere che questa pandemia non sarà l’unica ad attenderci nell’immediato futuro, le misure restrittive e di distanziamento sociale che nella maggior parte dei Paesi continueranno a vigere anche nella cosiddetta fase 2 cambieranno le aspettative dei consumatori nei confronti dei brand e le loro abitudini nei campi più diversi. TrendWatching (inWhere Next? 10 Cross-industry trend that are accelerating by the COVID-crisis”) ha già provato a esplorare, così, i trend di consumo post coronavirus. Ci vorrebbero in media sessantasei giorni, del resto, per cambiare abitudini – anche di consumo, come sottolinea Comscore in un’altra analisi dedicata a come la pandemia cambierà domanda e offerta di mercato – e di giorni dal primo caso conclamato di malattia da coronavirus ne sono passati ormai decisamente più di sessantasei.

Trend di consumo post coronavirus: dall’intrattenimento alla mobilità, come la pandemia cambierà le nostre decisioni d’acquisto

Causa la ridotta mobilità delle persone, forzata o dettata dalla paura che sia poco importa, la prima cosa da tenere d’occhio in un futuro abbastanza prossimo saranno i cambiamenti all’interno della cosiddetta economia dell’esperienza. Musei chiusi, destinazioni turistiche irraggiungibili, campionati sportivi fermi, per non parlare dello stop all’industria dello spettacolo, del resto, hanno già messo in crisi i principi cardine del marketing esperienziale. Una delle prospettive possibili, così, è puntare sulla economia dell’esperienza, sì, ma virtuale: si potrà lavorare, cioè, per rendere le tecnologie immersive (visori per AR e VR, ecc.) sempre più commerciali e accessibili e sfruttare le possibilità che queste offrono per dare respiro a settori duramente colpiti dall’emergenza coronavirus. Già oggi, del resto, grazie ad alcune iniziative per #iorestoacasa, si possono visitare virtualmente mostre e musei e i fedeli possono riunirsi in preghiera nella prima chiesa virtuale su AltSpace VR per esempio. Con una sola espressione, Euromonitor International ha definito «hometainment», letteralmente “intrattenimento a casa”, un futuro in cui, dal food & beverage alle esperienze di lusso, i consumatori cercheranno e gradiranno sempre più occasioni di incontro domestiche con i brand.

Tra i trend di consumo post coronavirus potrebbe esserci, poi, il cosiddetto shopstreaming : il termine non è nuovo, è composto dalle parole “shop” e “streaming” con cui, sottolinea TrendWatching, già dal 2017 ci si cominciò a riferire a una sorta di versione 2.0 delle televendite, organizzate da merchant e retailer fisici asiatici soprattutto, sui social e sulle piattaforme per il live streaming.

trend di consumo post coronavirus shopstreaming

Le “televendite” sui social e in diretta streaming sono state sperimentate, ben prima dell’emergenza coronavirus, da molti retailer asiatici e cinesi in particolare. Lo shopstreaming, così, potrebbe avere particolare successo come trend di consumo post-pandemia.

Oggi che la maggior parte degli ambienti digitali offre la possibilità di fare dirette per la propria fanbase o all’interno di gruppi tematici e, allo stesso tempo, non poche feature per il social commerce , non è da escludere che si comprerà online, sì, ma durante una diretta del proprio commerciante di fiducia o di un nano influencer di settore.

Per certe categorie merceologiche più di altre, del resto, la componente fiducia non ha mai smesso di essere tra i principali driver per l’acquisto: se non ci si può recare in store e chiedere consiglio ad addetti alla vendita esperti, o se farlo richiederebbe troppo tempo per via del contingentamento degli ingressi, lo shopstreaming potrebbe apparire così una buona alternativa.

Per restare in tema di acquisti, se è vero che la pandemia in atto ci lascerà per lungo tempo il bisogno di limitare i contatti fisici, soprattutto con gli sconosciuti, un impulso inedito potrà avere il cosiddetto A-commerce, ossia quel commercio automatizzato, già sperimentato da qualche brand alla ricerca di soluzioni innovative, che potrà avvalersi della robotica per esempio o delle self-drive car per la consegna a domicilio.

trend di consumo post coronavirus Acommerce

Nuro e Domino’s Pizza sono stati tra i primi a lanciare un progetto sperimentale che consisteva nell’uso di automobili a guida automatica per il food delivery nella città di Houston.

Anche chi non investirà in soluzioni automatizzate come queste non potrà fare a meno di farlo in soluzioni per il click and collect , il direct-to-consumer (o D2C) o il frictionless retail, sottolinea ancora Euromonitor International nella propria analisi del consumer market dopo il coronavirus.

Tutti i trend visti fin qua, a ben guardare, hanno in comune almeno un altro elemento: se si cercano soluzioni per viaggiare ed esplorare il mondo o per fare in tutta comodità i propri acquisti ma senza la necessità di uscire da casa è perché la mobilità – urbana e interurbana – sarà profondamente rivoluzionata dalla pandemia. È un tema su cui tutti i paesi, anche l’Italia, stanno lavorando e, nel farlo, dovrebbero tenere conto che, oltre alla sicurezza personale da un punto di vista sanitario, per i cittadini continuerà a essere importante la questione sostenibilità, come sottolinea ancora l’analisi di Euromonitor International dedicata all’impatto del COVID-19 sui consumi futuri.

Vista la complessità dei temi in questione, tra l’altro, dove non arrivano da soli task force e decisori politici, l’unione potrebbe fare la forza. Di soluzioni open source, cioè, dovremmo sentire parlare già nei mesi prossimi più di quanto abbiamo fatto durante la fase 1 per l’analisi delle curve dei contagi, la ricerca di un vaccino, la sperimentazione di cure. E l’ innovazione diventerà un valore chiave e un asset fondamentale su cui puntare in ogni settore

Direttamente ricollegata a quanto appena detto comunque è anche la maggiore attenzione per igiene, pulizia e qualità dell’aria soprattutto all’interno degli spazi – privati e pubblici – che abiteremo una volta usciti dalla pandemia. La sfida per i retailer fisici così, per tornare all’analisi di TrendWatching, è puntare a un’esperienza in store che sia, sì, coinvolgente, dinamica e interattiva ma che presti attenzione soprattutto al benessere del cliente.

In molti settori, come la moda o il lusso, il futuro prossimo potrebbe essere segnato poi da uno switch dall’acquisto di beni fisici all’acquisto di beni virtuali. early adopter potrebbero essere in questo caso gamer o frequentatori assidui di mondi virtuali e per la second life, che hanno già una certa familiarità con gli acquisti in app di accessori necessari per completare missioni o vivere la propria seconda vita virtuale.

Anche i consumatori comuni, però, potrebbero convincersi presto, complice l’impossibilità a cui già si accennava di riprendere subito vita e abitudini precedenti o la minore disponibilità di spesa, che la maggior parte di acquisti di beni non essenziali possano farsi virtuali, senza che per questo venga meno il senso di soddisfazione che ne deriva. Non a caso la moda e il lusso, come si anticipava, potrebbero essere i primi settori a vivere questo passaggio verso gli acquisti virtuali: si tratta di beni status symbol per eccellenza ma potrebbe essere decisamente più sostenibile oggi, e sotto ogni punto di vista, smaterializzare e rendere vicari consumi come questi che soddisfano soprattutto bisogni di appartenenza o di riconoscimento sociale.

Così anche affetti, relazioni e priorità personali cambieranno nell’immediato futuro post coronavirus

Oltre agli acquisti, anche le nostre relazioni interpersonali potrebbero farsi nel dopo-pandemia sempre più virtuali. E non si tratterebbe, secondo gli studi in questione, di sfruttare le possibilità offerte dai servizi di instant messaging o per le videochiamate solo per sopperire, grazie alla tecnologia, all’impossibilità di ritrovarsi fisicamente con familiari, amici, colleghi. Anche quando le misure restrittive saranno allentate potremmo desiderare la compagnia di compagni virtuali: persone che abbiamo conosciuto in Rete e con cui abbiamo avuto fin da subito un certo feeling, piccole web star che ci hanno intrattenuto e divertito durante la quarantena, mentori e personal coach che ci hanno motivato o aiutato a superare la forte incertezza del momento e che potrebbero sostituirsi – o aggiungersi almeno – alla nostra lista di amici stretti.

Quello che ci porteremo dietro da questa pandemia, insomma, è la necessità di rendere più di qualità il tempo passato in Rete. Se per (quasi) tutti aumenterà, fino a rendere di fatto insensata la distinzione tra attività online e attività offline e sempre più calzante l’aggettivo « onlife » per descrivere le nostre giornate, potremmo utilizzarlo – come del resto abbiamo già fatto per ingannare il troppo tempo libero di questa quarantena – per imparare qualcosa di nuovo e, in questo caso più che mai, avremo bisogno di figure di riferimento qualificate, che potrebbero essere semplicemente dei foodblogger se decidessimo di imparare a cucinare.

Qualcuno, probabilmente, presterà più attenzione di un tempo alle questioni legate alla privacy e al trattamento dei dati personali, soprattutto quando si richiederà l’uso massivo di app per il contact tracing.

I più, come sottolinea anche Euromonitor International, avranno bisogno di bilanciare bene la necessità di stare sempre connessi per esigenze legate allo smart working o per restare in contatto con i cari lontani con quella di ritagliarsi del tempo per sé e per la propria vita privata.

Per riuscire in questa missione potrebbe essere utile persino ripensare, riorganizzare meglio, rendere multifunzione gli spazi della propria casa. Non stupisce, così, che un gran numero di italiani si sia già dato al bricolage durante il lockdown o che tra i primi settori a mostrare dei timidi segni di ripresa ci sarebbe, come sottolinea ancora Comescore, quello del real estate.

consumi post-coronavirus settori in ripresa

Tra i settori che hanno mostrato segni di ripresa più veloci ci sarebbero quello automobilistico e dei beni immobili. Fonte: Comscore

Ognuno dovrà farsi, insomma, mentor e protégé di se stesso, ma è importante che anche i soggetti pubblici inseriscano salute e benessere mentale dei cittadini tra le priorità del futuro post coronavirus più prossimo e che le aziende soprattutto facciano spazio nei piani per il welfare aziendale anche ad azioni mirate a evitare il burnout di dipendenti e collaboratori.

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