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Come ti trasformo anche il prodotto da GDO in prodotto "esclusivo": l'ultimo trend nel food

Trend nel food: le strategie che puntano all'esclusività

Tra i trend del food c'è puntare sull'esclusività percepita del prodotto per farne aumentare desiderio, valore e, a valle, vendite.

Non sono vere e proprie brand extension , né si può dire che si tratti davvero di puntare su una fetta di mercato luxury: perché, però, tra i più recenti trend nel food c’è investire in strategie dell’esclusività – se così le si vuole chiamare – e come, cioè, sempre più aziende stanno trasformando i propri prodotti e servizi in prodotti e servizi top gamma e con un posizionamento in parte diverso rispetto a quello originario?

Nuovi trend nel food per nuove abitudini di consumo

Tante cose si dicono spesso sul settore food, in Italia soprattutto. È indubbio che si tratti di un settore guida per l’economia del Paese, come dimostrano peraltro i suoi numeri e il valore annuo che lo incoronano ripetutamente tra le prime – se non la prima – industrie italiane. Allo stesso tempo, però, le logiche interne e i trend nel food sono inevitabilmente cambiati rispetto a qualche tempo fa, in una direzione che è quella della sempre maggiore competitività. “Se il consumatore ha la possibilità di scegliere tra sempre nuovi prodotti o nuovi brand simili al mio, come posso mantenerlo fedele?“: a domande come queste sempre più realtà del food sembrano rispondere oggi promettendo esclusività appunto, in qualunque caratteristica del prodotto essa si concretizzi.

Vanno considerate del resto abitudini nuove di nuovi consumatori. Anche quando si tratta di acquisti e trend nel food, cioè, cosa scelgono, cosa piace a millennials , generazione z – e presto anche generazione alpha – sembra acquistare particolare significato agli occhi dei marketer ed è risaputo, in questo senso, che relazione ed esperienza sono due parole chiave quando si parla a un pubblico di giovani o giovanissimi.

Anche quando si tratta di food – nelle sue innumerevoli declinazioni peraltro, dal prodotto da gdo al tour enogastronomico e via di questo passo – raramente cioè l’acquisto è un acquisto solo funzionale: nella maggior parte dei casi tra i criteri per scegliere tra una o l’altra marca di cereali davanti agli scaffali del supermercato entrano in gioco un sistema di valori, la possibilità di riconoscersi nella storia e nella missione del brand o, sempre più spesso, nelle cause in cui è impegnato e a cui dà sostegno (atti di cosiddetto brand activism ). Senza contare che, per molti versi, anche quando si riempie il carrello della spesa lo si fa di prodotti che siano in qualche misura rappresentativi del proprio status: semplificando molto, quanto o più dell’effettiva qualità del prodotto, per chi segue un regime alimentare vegano può essere piuttosto importante potersi riconoscere nell’etichetta “vegan ok”, per esempio, ben visibilmente impressa sulla confezione dei prodotti per l’igiene della casa che acquista. Ancora, componenti come quelle del feel, sense, act, think e relate, tipiche del marketing esperienziale, contano sempre di più anche negli acquisti food: si pensi solo a quanto il marketing olfattivo o le scelte strategiche per quanto riguarda il packaging alimentare possano orientare la scelta tra gli scaffali del supermercato.

Così il food ha imparato dal lusso a dare valore all’esclusività

Puntare all’esclusività fa lo stesso. Dai luxury brand i brand del food sembrano avere imparato, così, soprattutto le strategie per trasformare i propri prodotti in oggetti del desiderio. Strategie che possono apparire a tratti contro-intuitive: non a caso c’è chi ha parlato proprio a proposito di anti-leggi del marketing.

Il brand positioning della propria azienda – o dei propri prodotti, del proprio brand – è la prima di queste: far sì che su tutto ciò che viene fuori dai propri impianti di produzione esista una sorta di pregiudizio positivo nella mente di acquirenti o possibili tali fa aumentare le probabilità d’acquisto. Molto più pragmaticamente, più quella che si commercializza è chiaramente percepita come un’acqua di montagna, dalle spiccate qualità oligominerali e indicata per numerosi utilizzi benefici e più un prezzo sopra la media dei competitor varrà da incentivo più che da deterrente all’acquisto.

trend nel food acque di lusso

Esiste un vero e proprio mercato delle acque “di lusso”: in genere imbottigliate in vetro e in bottiglie dal design particolare o disegnate da artisti, sono acque oligominerali o di montagna, dalle spiccate qualità benefiche e, per questo, con un posizionamento nettamente distinto da quello delle più comuni acque da grande distribuzione.

Proprio il pricing dei prodotti di lusso va evidentemente contro le normali leggi del marketing: per questa tipologia di beni infatti un prezzo che eccede, spesso di molto, il valore reale della merce è funzionale a farne aumentare il valore percepito e, a valle, il desiderio d’acquisto. D’altro canto, molto più pragmaticamente e a proposito di acquisti di status, poter portare in tavola il lusso democratico di una fetta di manzo kobe o vivere l’esperienza di una cena in un ristorante stellato sono tutte dimostrazioni possibili del proprio potere di spesa.

Anche la personalità del prodotto food contribuisce a farlo apparire esclusivo. Da qui le ricette speciali e le creation del mondo della cioccolateria da grande distribuzione o le varianti gourmet di yogurt o prodotti di quarta gamma, strategicamente segnalate tra l’altro da etichette che richiamano l’idea di poter rivivere in casa esperienze da ristorante o che fanno un uso sapiente di aggettivi legati a bontà, inimitabilità del piatto.

trend nel food creation cioccolato

Accade spesso che chi produce prodotti alimentari per la GDO crei versioni speciali dei suoi prodotti o varianti in edizioni limitate come queste Lindt Creation, con l’obiettivo finale di mantenere fedele un consumatore che, specie quando si tratta di consumi alimentari, è “nomade” e ama sperimentare.

Qualche volta, però, la personalità del prodotto alimentare si (ri)costruisce a partire dalle sue stesse origini storiche, geografiche: due esempi dal mondo della pasta sono piuttosto eloquenti in questo senso. Di Martino, noto pastificio di Gragnano, qualche anno fa ormai ha chiuso una partnership con Dolce & Gabbana per un nuovo packaging per alcuni formati tipici come spaghetti, pasta mista, calamarata: sulle confezioni, originariamente destinate solo al mercato estero e ad alcuni punti vendita scelti in Italia, simboli che richiamano l’identità mediterranea e stampe e colori tipici del brand, anch’esso profondamente legato all’idea di Sud.

trend nel food di martino dolce e gabbana

“Tirare” fuori la personalità di un prodotto in qualche caso può voler dire anche collaborare con un brand che ha valori e immaginari di riferimento simili ai propri: è quello che è successo quando Di Martino, noto pastificio di Gragnano, ha chiesto a Dolce & Gabbana di disegnare le sue nuove confezioni di pasta.

Più recente – e legata alle campagne festive 2019 – è l’operazione La Scaramantica di Voiello: una box raffinata e dalle finiture in oro contiene i formati di pasta più amati della casa, piatti in porcellana decorati con simboli come ferri di cavallo, cornicelli, il numero tredici, tipici della tradizione partenopea, e un ricettario dello chef Cannavacciuolo, da anni volto del brand.

trend nel food la scaramantica voiello

Una box come “La Scaramantica” di Voiello racchiude al suo interno e riflessa in ogni singolo oggetto tutta la veracità partenopea della casa.

Non è raro del resto che la scelta di testimonial non tanto vip quanto in qualche modo legati ai valori e all’immagine dell’azienda – come Chiara Ferragni nel caso di Evian o, esempio ancora più classico, George Clooney, il più noto brand ambassador di Nespresso – riesca strategicamente a proiettare sul prodotto un’idea di esclusività.

Anche scegliere di distribuire in maniera limitata e secondo una logica della scarsità – solo in pochi punti vendita, solo in quantità limitata, ecc. – il proprio prodotto può suggerire un’idea di esclusività. È così che gift box come quella di Voiello escono da un canale che è quello della distribuzione normale dei prodotti dell’azienda (supermercati, negozi di prossimità, ecc.) e ne intraprendono uno limitato a pochi touch point come l’online o gli store Rinascente. La strategia di distribuzione più originale, però, sembra averla adottata in questo senso Nutella per uno dei suoi prodotti più attesi di sempre: i Nutella Biscuits, per settimane dopo il lancio, sono stati praticamente introvabili in molte zone d’Italia, con ogni probabilità come effetto di una ben studiata distribuzione parcellizzata, in grado tanto di far aumentare il chiacchiericcio riguardo al famoso biscotto con la crema spalmabile dentro, quanto di trasformare in prodotto esclusivo il più commerciale forse degli snack industriali.

Non farsi trovare, del resto, è uno dei tanti trucchi che le aziende del food hanno preso in prestito dai luxury brand soprattutto della moda, molti dei quali hanno adottato nel tempo una filosofia della totale assenza (dagli spazi pubblicitari, dagli ambienti digitali, ecc.) con una conseguente irraggiungibilità da parte dei non clienti. Niente diverso dal vecchio adagio secondo cui l’assenza aumenta il desiderio.

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