- Macroambiente
- 4' di lettura
Cosa dicono i dati sull'uso dei chatbot e perché da consumatori amiamo i sistemi "conversazionali"
L'uso dei chatbot è sempre più diffuso, per brand e aziende sarà essenziale però renderlo "integrato" con altri sistemi conversazionali.
Secondo delle stime, il mercato dei chatbot dovrebbe valere oltre 4 miliardi di dollari entro il 2025, con un tasso di crescita annua che dal 2018 supera già il 35%. Che uso dei chatbot fanno, però, le aziende e perché questi assistenti della conversazione piacciono ai consumatori?
L’era della conversazione: il successo dei chatbot dimostra che, da utenti, vogliamo parlare con i brand
Hej! ha provato a rispondere a domande come queste partendo dall’origine, analizzando cioè se – e perché – i consumatori siano più propensi a utilizzare «interfacce conversazionali», come appunto i chatbot, per interagire con le aziende, al posto delle più tradizionali pagine web e landing page. I risultati mostrano chiaramente che non solo aspetti demografici come l’età, il sesso o la zona di provenienza sono determinanti per l’uso dei chatbot e, più in generale, nel preferire strumenti che permettono di entrare in conversazione con il brand , ma che anche i dispositivi che si utilizzano e il momento della giornata contano. Nello specifico, i giovani tra i 18 e i 34 anni interagirebbero con chatbot e bot aziendali due volte di più di quanto fanno gli over 55: con ogni probabilità è in virtù della maggiore familiarità che hanno con le chat e i servizi di messaggistica istantanea, ma non è escluso che anche un consumo più simbolico e un legame con il brand più profondo e basato sulla condivisione dei valori giustifichino l’esigenza percepita di entrare in conversazione con le aziende. Le donne in percentuale leggermente superiore agli uomini e, in Italia, chi vive al centro-sud più di chi vive al nord – con la sola eccezione di Trentino e Liguria che sarebbero le regioni dove l’uso dei chatbot è più pervasivo e diffuso – sono tra i consumatori che preferiscono interagire con brand conversando. Come si accennava, però, la maggiore propensione a utilizzare bot e altri sistemi automatici per chattare con il brand dipende anche dal dispositivo usato, con gli utenti iOS che sarebbero più propensi a farlo rispetto agli utenti Android, e persino dal momento della giornata, con le ore dei pasti in cui la disponibilità a dialogare in Rete con le aziende aumenterebbe.
In questa prospettiva, non sorprende che quasi un’azienda su quattro utilizzi già i chatbot per il customer care e che più del 30% tra chi non lo fa abbia in programma di implementare sistemi simili già entro diciotto mesi. Ancora secondo le previsioni, entro il 2020 quelle con i chatbot potrebbero rappresentare le interazioni più frequenti nell’ambito del servizio clienti, nonostante più di un consumatore su due non sarebbe ancora pronto a rinunciare «del tutto» al contatto umano. Il futuro, insomma, sembra andare verso un uso dei chatbot integrato, sempre più frequente ma non sostitutivo di altri mezzi più tradizionali e umani di contatto tra azienda e consumatore.
Uso dei chatbot: dai vantaggi presenti ai trend per il futuro
C’è ancora molto da risolvere, del resto, quando si tratta di utilizzare intelligenza artificiale e machine learning per creare sistemi automatici di conversazione. Semplificando molto, migliorare la user experience quando in campo ci sono i chatbot significa lavorare su consistenza e personalità del bot ma, soprattutto, dotarlo di un linguaggio umano, in grado cioè di riprodurre – più di quanto non lo faccia già – i naturali meccanismi di conversazione, cosa che può voler dire per esempio a un livello zero comprendere formulazioni diverse della stessa richiesta che, per questo, necessitano dello stesso tipo di risposta.
Alla luce del successo recente di smart speaker come Alexa e Google Home, nel futuro dei chatbot non può non esserci poi lo sviluppo di interfacce vocali, che dovrebbero aiutare tra l’altro le aziende a fare i conti con questioni di accessibilità e facilità di fruizione anche per utenti con disabilità. Non che fino a qui l’uso dei chatbot non abbia già assicurato dei vantaggi concreti alle aziende. Secondo la Forrest Consulting, i chatbot riescono già e saranno ancora più abili in futuro nel comprendere il life-time value del consumatore e ricostruire lo storico delle sue interazioni con il brand (capacità ritenuta importante dal 95% del campione) e ancora, con buona pace delle FAQ, nel fornire una risposta personalizzata a ogni singolo utente, compiere azioni automatiche sulla base delle risposte ottenute da quest’ultimo e ricostruire il contesto dell’interazione.
Il presupposto indispensabile è, in questo senso, che il chatbot sia progettato in maniera strategica e guardando a quelli che sono obiettivi ed esigenze specifiche dell’azienda o del brand in questione.