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L’utilità dei selfie? La dimostrano alcune campagne e applicazioni

Qual è la vera utilità dei selfie? Campagne e applicazioni originali

Dal business al non profit, fino a "selfie medici" e a theftie: un'analisi di quale può essere l'utilità dei selfie.

Oltre trecento milioni di ricorrenze solo su Instagram, a maggio 2017: sono passati quattro anni da quando l’Oxford Dictionary la considerò parola dell’anno, eppure siamo ancora innamorati dei #selfie. Tanto da esserci meritati, nel frattempo, l’etichetta di selfie generation e da aver spinto marketer e ricercatori a studiare con interesse le nostre abitudini e le nostre caratteristiche come target specifico, per comprendere anche l’utilità dei selfie per il business.

Perché non possiamo fare a meno di farci un selfie?

Perché amiamo così tanto girare la fotocamera del nostro smartphone e farci una foto, però, e quale sarebbe la vera utilità dei selfie non è chiaro. C’è chi ha messo in guardia, anzi, da disturbi narcisistici e della personalità che si potrebbero nascondere dietro questa abitudine: postando continuamente i nostri autoscatti felici e in posa cerchiamo approvazione, quando non ammirazione dall’altro. In alternativa, non di rado, proviamo a dimostrare agli altri di avere una vita soddisfacente come la loro e di essere in grado di reggere il confronto sociale che, spesso, è il vero motivo perché ci sentiamo tristi dopo essere stati sui social per un po’. Non c’è da stupirsi, in questo senso, che uno dei trend più recenti e più preoccupanti sia la ricerca del selfie estremo che ha già fatto rischiare la vita a decine di social addicted intenzionati a scattare l’autoscatto mozzafiato e unico, sui bordi di un grattacielo, per esempio. C’è, però, chi ha sottolineato anche i potenziali benefici di un selfie postato in Rete: i like, le interazioni ricevute, specie se positive, possono aumentare l’autostima dell’utente o aiutarlo ad accettare il suo corpo, processi non scontati e non indifferenti durante l’adolescenza. Anche lo scambio di autoscatti intimi con i coetanei, pur con tutti i potenziali pericoli e i rischi che gli esperti non hanno mancato di far notare, potrebbe rappresentare un nuovo approccio a una sessualità 2.0.

Utilità dei selfie? È un fatto di business…

utilità dei selfie campagna coca cola

Alcuni dei tanti selfie condivisi dagli utenti per la campagna di Coca Cola #condividicon.

Ben più pragmaticamente, le aziende e i brand da tempo hanno capito l’utilità dei selfie come strumento per coinvolgere i consumatori, che sia all’interno di campagne pubblicitarie, di strategie di marketing collaborativo o di più semplici operazioni di marketing di prossimità. Senza contare che, chiunque si sia chiesto come organizzare un contest sui social efficace e di sicuro risultato, ha spesso trovato nel chiedere ai partecipanti di scattare un selfie una formula di successo. Nel tempo abbiamo visto alternarsi, insomma, il gigante del beverage che ha chiesto ai suoi affezionati clienti di farsi un autoscatto con la lattina in edizione limitata e di postarla sui social con l’apposito hashtag , il brand alla vigilia del lancio di un nuovo prodotto che ha assoldato decine di influencer perché convincessero con i loro selfie sorridenti il loro seguito a comprarlo e, anche, i piccoli negozi di paese che hanno riservato sconti e promozioni a chi ne scattasse e condividesse uno all’interno del punto vendita.

selfie grotte pertosa auletta

Un selfie di gruppo all’interno delle Grotte di Pertosa Auletta (Salerno).

Uno dei casi più interessanti quanto a utilizzo del selfie per fare marketing del prodotto o servizio viene, però, dalle Grotte di Pertosa-Auletta, uno dei siti naturalistici più suggestivi e di richiamo internazionale della provincia di Salerno (con oltre 100mila visitatori l’anno, ndr), e si inserisce nel filone di un destination marketing tutto social e 2.0. In occasione della Pasqua 2014,  la fondazione che gestisce il complesso speleologico ideò, infatti, “Tag Ticket”, un’iniziativa che permetteva a chiunque di regalare un ingresso omaggio a un amico al costo proprio di un selfie. Bastava scattarsi una fotografia con un dettaglio che immortalasse la propria visita al sito – che fosse uno scorcio caratteristico, il biglietto d’ingresso, la segnaletica – e postarla sulla pagina Facebook ufficiale delle Grotte di Pertosa-Auletta taggando l’amico a cui s’intendeva regalare l’ingresso gratis, perché questo potesse appunto entrare liberamente nel complesso entro i tre mesi successivi. L’iniziativa ebbe un discreto successo e fu la dimostrazione che «natura, storia e tecnologia possono avere dei punti in comune che, se utilizzati in modo originale, possono creare vantaggi reciproci sia per i visitatori e sia per la promozione del nostro patrimonio turistico», come spiegò in quei giorni il responsabile della fondazione che gestisce il sito. Da allora sono passati alcuni anni e, che sia tramite autoscatto o in alte forme, i più diversi soggetti pubblici hanno ormai capito come fare promozione del territorio attraverso i social.

E se di promozione si parla, non si può non guardare a come nel tempo anche beni culturali, complessi archeologici, luoghi d’arte, musei sono diventati sempre più digital e hanno preso a sfruttare le inedite opportunità offerte dal web marketing culturale per attrarre visitatori e rendere sempre più coinvolgente e dinamica l’esperienza di visita. Una delle best practice in materia?

selfie mostra escher roma

Alcuni dei selfie condivisi su Instagram con l’hashtag #EscherRoma.

La mostra su Escher al Chiostro del Bramante di Roma. La grande antologica sull’artista olandese, che ha occupato le sale del complesso Rinascimentale dal settembre 2014 al febbraio 2015, ha avuto un grande successo social, oltre che di pubblico, e il merito è stato anche di #EscherRoma, l’hashtag ufficiale con cui i visitatori erano invitati a condividere sui social impressioni, immagini e ovviamente selfie scattati all’interno delle sale. Un po’ in rottura con quel divieto assoluto di scattare foto che è cruccio di tanti che visitano i musei di tutto il mondo, infatti, gli organizzatori della mostra capitolina su Escher hanno ideato dei veri e propri set fotografici distribuiti tra le sale, per lasciare a visitatori e appassionati la possibilità di immergersi completamente nel surreale mondo dell’artista e vivere un’esperienza quanto più coinvolgente e totalizzante possibile. Seguire l’hastag #EscherRoma su Instagram e co. significò, in altre parole, vedere in quei mesi centinaia di selfie, con una sfera riflettente in mano, ispirati all’opera “Mano con sfera riflettente” e altrettanti autoscatti davanti alla “Spirale sferica” dell’omonimo quadro o in una sala interamente ricoperta di specchi in cui sorgeva spontaneo domandarsi “Siete davvero sicuri che un pavimento non possa essere anche un soffitto?” (così recitavano i testi della mostra, ndr). Girare la fotocamera del proprio smartphone e scattarsi un selfie con gli amici divenne, in altre parole, la metafora perfetta di come si possa – e in certi casi sia essenziale – riorganizzare il concetto stesso di fruizione artistica o culturale, trasformando i classici contenuti in un’esperienza multidimensionale che favorisca dialogo e condivisione e che potrebbe avere anche come effetto finale, e desiderabile, quello di avvicinare giovani e giovanissimi all’arte e alla cultura.

…ma anche di beneficenza: alla scoperta dei “non profit selfie”

utilità dei selfie campagna terzo settore

Tanti sono stati i personaggi famosi che hanno supportato con un selfie #HeForShe, la campagna di Emma Watson contro le discriminazione di genere. Questo è quello di Tom Hiddleston.

Scopi di lucro e promozionali a parte però, un selfie può avere anche una certa utilità, sociale per esempio? La risposta sembrerebbe essere sì. Almeno a guardare un’iniziativa come quella di The Nonprofit Time, una testata anglofona che, come suggerisce il nome, segue il mondo del non profit, che qualche tempo fa ha istituito un contest per “il miglior non profit selfie”. Esattamente come per quelle pubblicitarie, infatti, ci sono state negli anni centinaia di campagne sociali e di beneficenza che hanno chiesto (anche) il contributo di un autoscatto da condividere dai propri account o legandolo a un hashtag, senza contare le migliaia di volontari che di spontanea iniziativa hanno deciso di immortalare il loro impegno a sostegno delle cause che avevano a cuore con un selfie da postare sui social. Non serve essere esperti di social media marketing per il terzo settore, in questo senso, per capire l’utilità dei selfie quando si parla di beneficenza e simili: un autoscatto condiviso in Rete serve a metterci la faccia e rendere quanto più personale e forte il legame con la causa in questione; stimola gli altri a spendersi per una causa simile e lo fa perché, spontaneamente, tendiamo a fidarci delle persone che abbiamo vicino e a imitare i loro comportamenti che consideriamo virtuosi; come tutti i contenuti visivi ha poi un impatto di certo più forte, coinvolgente e adatto per gli ambienti digitali.

Quando un selfie ti salva la vita (o quasi)

Se la sfida è capire la vera utilità dei selfie, non si può non accennare poi ai selfie medici, quelli cioè che più di una volta hanno facilitato una diagnosi. Prosaicità degli episodi a parte, infatti, in numerosi occasioni un autoscatto realizzato dal paziente ha permesso al personale medico del caso di diagnosticare un disturbo che presentasse sintomi intermittenti, di accorgersi precocemente di un rischio di cancro alla pelle per il brutto aspetto di un neo in primo piano, ecc. Guai a provarsi in autodiagnosi, insomma, neanche se supportate da una ricerca su Google, ma la possibilità di usare un selfie per scopi medici è la metafora forse più iconica e quotidiana di come presto potremmo godere dall’aiuto della più moderna tecnologia per prenderci cura della nostra salute.

Dal selfie al theftie: così il selfie sventa il ladro

utilità dei selfie sventare ladri

Uno dei selfie più famosi che hanno contribuito a sventare un furto.

Quante volte, infine, vi sarà capitato di inquadrare per sbaglio e involontariamente qualcosa che non avreste dovuto nei vostri selfie? In qualche caso di cronaca, quel qualcosa è stato un ladro nell’atto di rubare il portafoglio a qualcuno. Senza contare le numerose occasioni in cui è stato, invece, lo stesso ladro un po’ sprovveduto a postare direttamente dai suoi social l’autoscatto soddisfatto con la refurtiva, né entrare nello specifico di reati ben più gravi andati praticamente in onda sui social network mentre venivano commessi. Quando il caso e le coincidenze intervengono, insomma, l’utilità dei selfie può diventare persino quella, assolutamente concreta, di sventare l’ingiustizia. C’è chi ha provato a sfruttare il più possibile questa opportunità ed è così che dal selfie è nato il theftie, l’autoscatto a prova di ladro, di smartphone almeno: numerose app comunemente disponibili sui market store, se precedentemente installate, riescono a scattare infatti automaticamente un selfie quando viene inserito ripetutamente un codice di blocco sbagliato per esempio, selfie che inviano a un recapito preimpostato permettendo al legittimo proprietario di scoprire chi gli ha rubato lo smartphone e dove si trova.

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