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Perché alcuni sindaci italiani sono diventati noti (e non sempre in positivo) durante l'emergenza da COVID-19

sindaci italiani

Tra casi di successo ed epic fail: ecco cosa i video virali dei sindaci italiani durante il coronavirus ci insegnano a livello comunicativo.

L’emergenza sanitaria causata dal coronavirus ha fatto sì che negli ultimi mesi molti sindaci, anche di piccoli comuni, italiani diventassero improvvisamente noti, per affermazioni particolarmente forti o colorite, talvolta ironiche e talvolta meno, tese a sensibilizzare – o anche ad ammonire – i cittadini. Basti pensare ai numerosi video virali dei sindaci italiani diffusi e rimbalzati sui diversi media (televisione, giornali, social), e molto spesso anche in diverse nazioni, durante la pandemia.

I video virali dei sindaci italiani che sgridano i cittadini scatenando il sorriso degli utenti

Nella maggior parte dei casi, i video virali dei sindaci italiani hanno avuto come fil rouge una manifestazione di rabbia verso coloro che trasgredivano le regole imposte dal lockdown, uscendo di casa anche senza che ce ne fosse urgenza o creando degli assembramenti quando invece erano vietati.

Il ricorso al dialetto, i toni accesi e una forte esasperazione ed esagerazione delle argomentazioni – quasi sempre con analogie, metafore o iperboli azzardate –, però, hanno portato spesso a comunicazioni dagli effetti esilaranti, innescando nei fruitori di questi messaggi un inevitabile sorriso, un inaspettato passaparola e la creazione di ulteriori contenuti, soprattutto di meme , nonché l’apertura di pagine e gruppi di fan.

L’ilarità suscitata, insomma, è stato un mezzo per potenziare il messaggio e i commenti alle condivisioni di questi video sui social confermano che c’è stato un gradimento anche proprio relativamente al contenuto e non solo alla modalità espressiva di questo: modi poco o per nulla pacati, per messaggi molto diretti e forti, spesso autoritari, sono stati cioè apprezzati da tanti utenti in una situazione di emergenza sanitaria che richiedeva e richiede avere persone di riferimento che dimostrino forza caratteriale e determinazione per fronteggiarla.

Tra tutti, non si può non citare il nome di Antonio Tutolo, sindaco di Lucera (Foggia), i cui video sono stati più volte condivisi dagli utenti sia sui social che nelle app di messaggistica, raggiungendo un elevato numero di visualizzazioni, e finendo spesso anche in programmi televisivi, come quando ha inveito contro chi ha fatto andare parrucchieri ed estetisti a casa nonostante i divieti. Tutolo si è pure cimentato nella creazione di contenuti di tipologia diversa rispetto a quelle dirette istituite dai politici in questo periodo e che sono diventati veri e propri appuntamenti ai quali non mancare o eventi da condividere e commentare con i propri contatti: ha infatti utilizzato i propri canali social anche per dare spunti ai cittadini su cosa fare in casa, sulla scia di numerose iniziative identificate dall’hashtag #iorestoacasa, dando, ad esempio, ricette per la preparazione di piatti vari.

Le componenti virali presenti in tanti video registrati da singoli sindaci, inoltre, sono state tanto marcate e di tale impatto comunicativo da finire in montaggi mostrati non soltanto in tanti programmi televisivi, come ad esempio “Non è l’arena” o “Propaganda Live”, ma addirittura nelle televisioni di altre nazioni, senza contare che The New York Times ha ripreso, per inviarlo nella newsletter giornaliera, un video sottotitolato in inglese creato e diffuso dall’account Twitter @protectheflames e che a scrivere sono stati anche giornali di fama internazionale quali The Guardian (“‘Go home!’: Italian mayors rage at coronavirus lockdown dodgers“) e HuffPost (“Watch Furious Italian Mayors Lose It With People Flouting Coronavirus Lockdown“).

COSA C’È DA IMPARARE DAL sentiment negativo che ha generato il video virale di cui è protagonista IL SINDACO DI AVELLINO

Se nei casi riportati sopra il risultato ottenuto in termini di riscontro degli utenti è stato perlopiù positivo, va anche considerato che alcuni messaggi da parte di certi sindaci hanno invece scatenato effetti di tutt’altro tipo.

Tra questi uno che può essere considerato una sorta di epic fail nella comunicazione politica dei sindaci italiani durante la pandemia da COVID-19 è quello del sindaco di Avellino, Gianluca Festa.
Festa, infatti, è stato protagonista di alcuni video che mostrano momenti di un sabato sera avellinese di movida durante il quale non è rispettata quasi nessuna delle disposizioni imposte dal Governo per la cosiddetta fase 2. Nelle immagini si vede il sindaco raggiungere una folla di ragazzi in una delle zone più centrali della città e rendersi partecipe di un vero e proprio assembramento, dove, saltando e abbracciandosi mentre si intonano cori da stadio o per farsi dei selfie, le distanze sociali non sono rispettate e non tutti indossano la mascherina. Fin qui si tratterebbe di un comportamento criticabile e il commento potrebbe non essere strettamente legato alla sfera comunicativa. Ecco, però, che la spiegazione che prova a dare con un post sulla propria pagina Facebook diventa oggetto di una inevitabile analisi comunicativa e di capacità – o mancata tale – di fare personal branding .

Nel post del sindaco di Avellino c’è soprattutto un passaggio, in riferimento all’atteggiamento avuto verso (e con) i giovani avellinesi e mostrato nei video che sono diventati presto virali in tutta Italia, che non dà alcuna motivazione coerente rispetto a quanto si vede. Festa parla di «una bella occasione di incontro per stimolarli alla responsabilità» e afferma di ritenere «che il dialogo sia sempre la strada maestra, che per comunicare con i giovani occorrano empatia ed ascolto, mai contrapposizione e rigidità». Delle parole del sindaco, però, nei video mostrati si ritrova solo il «fare scherzoso e goliardico», senza alcuna preoccupazione per quell’evidente assembramento, per un contatto fisico molto ravvicinato tra i giovani e per il non indossare mascherine di molti.

Nella giornata di domenica i video e le dichiarazioni del post qui riportato sono diventati virali, i primi ripresi anche da testate nazionali, tanto che il sindaco è stato invitato nella trasmissione “Live – Non è la d’Urso”. Nei primi minuti del suo intervento in questo programma Festa prova a motivare il suo comportamento in un modo quantomeno più logico rispetto alle immagini di cui è stato protagonista e che, si ricorda, non sono certo quelle di chi cerca di stimolare alla responsabilità (se si pensa a un sindaco italiano sceso in strada per controllare che i cittadini del proprio comune rispettassero le regole, piuttosto, si pensa ad Antonio Decaro: durante il lockdown, infatti, ha rimproverato tutte le persone che si ostinavano a girare per Bari, andando nei parchi o nei luoghi che continuavano a frequentare).

Questo conferma quanto sia importante scegliere con cura e attenzione le parole da scrivere e pronunciare in una situazione di “crisi”, quale è stata a tutti gli effetti quella a livello di credibilità del proprio ruolo politico, oltre che di immagine personale, nella quale si è trovato il sindaco di Avellino. I post pubblicati su Facebook, infatti, sono stati commentati decisamente più volte di quelli precedenti, con interazioni molto negative, con il ricorso alle reaction che manifestano sarcasmo, rabbia e delusione, non utilizzate invece dagli utenti per i post pubblicati prima.

Ancora, a non giovare a livello di personal branding per questo sindaco è stato sicuramente anche il modo di proseguire l’intervista al programma della d’Urso, con un acceso confronto con gli altri ospiti in studio o in collegamento, che è diventato soprattutto un accavallarsi di voci dal tono alto, che non ha veicolato né un messaggio chiaro né coerente rispetto a quell’affermazione scritta secondo cui il dialogo dovrebbe essere per questo sindaco la strada maestra.

Perché bisogna superare la (non) strategia del “purché se ne parli”

Concludendo, questa pandemia ha dato e ancora dà l’occasione a tanti esponenti della politica italiana di mostrarsi più vicini ai cittadini, più sensibili alle problematiche e più impegnati nel trovare e offrire delle soluzioni, portando così alla notorietà tanti sindaci di piccoli comuni – oltre che a una ulteriore esposizione mediatica di politici che ricoprono cariche più alte o in città di più grandi dimensioni, che ha portato, ad esempio, all’elezione di sex symbol di Giuseppe Conte o alla spettacolarizzazione di De Luca, diventato vero e proprio fenomeno social –; ma non si può ignorare che il purché se ne parli non può essere considerato un motto valido, nemmeno nella comunicazione politica, dove un sentiment negativo ribalta inevitabilmente le carte in tavola. In uno scenario in cui ogni messaggio rimbalza con incredibile rapidità da un medium all’altro e dove è possibile immortalare ogni gesto con un semplice tap sul tasto di registrazione del proprio smartphone, la cura e l’attenzione nel fare personal branding non può diventare un elemento secondario della strategia politica, nemmeno per i sindaci di piccoli comuni.

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