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In Francia ai genitori potrebbe essere vietato postare in Rete foto dei figli

adolescenti in Rete

Il parlamento francese ha da poco discusso un disegno di legge che prevede il divieto per i genitori di sovraesporre i figli in Rete, postandone foto o video senza consenso o coinvolgendoli in collaborazioni con le aziende.

Presto potrebbe essere vietato in Francia postare foto dei figli sui social media . È stato depositato in Parlamento e discusso e approvato nei giorni scorsi, infatti, un nuovo disegno di legge1 a garanzia del diritto d’immagine dei minori.

Spesso sono per primi i genitori, che pure ne avrebbero tutela legale, a violarlo: quando spasmodicamente condividono sui social foto e video dei propri bambini (un’abitudine che gli esperti hanno bollato come sharenting ); quando coinvolgono i propri figli in collaborazioni con le aziende a scopo commerciale (l’industria dei baby influencer e quella di mamme e papà blogger sono ormai ben nutrite); quando per seguire l’ultimo trend del momento e provare a far diventare virali i propri contenuti non hanno remore a postare immagini o video che mettono in ridicolo i propri figli (come hanno denunciato, proprio in questi giorni, anche alcuni giornalisti e blogger italiani2).

Cosa dice (e da dove nasce) il disegno di legge in base al quale sarà vietato in Francia postare foto dei figli sui social

La proposta, presentata dal deputato Bruno Studer di Renaissance, ha certamente uno scopo di sensibilizzazione.

Secondo dei dati citati nel testo stesso del disegno di legge, e che spesso ritornano nelle discussioni che riguardano i minori in Rete, attualmente ogni bambino compare in media in 1300 foto sul web prima di compiere 13 anni, l’età minima per poter aprire un profilo sulla maggior parte delle piattaforme digitali.

Nella maggior parte dei casi si tratta di foto pubblicate dai genitori senza consenso del bambino e che, consapevolmente o meno, contribuiscono a costruirne l’immagine e l’identità digitale. Per una mamma o un papà può essere motivo di orgoglio, del resto, condividere una foto o un video che mostri i progressi del proprio bambino con lo “spannolinamento”, ragione per cui potrebbe non fermarsi a pensare che, una volta cresciuto, quello stesso bambino potrebbe provare vergogna a sapere che circolano in Rete immagini che lo ritraggono in pannolino o su un vasino.

Anche senza contare che questo tipo di immagini espongono il minore al rischio di cyberbullismo o che possono essere sfruttare dai malintenzionati per il grooming o trasformate in materiale pedopornografico o pornografia non consensuale, la privacy e il diritto all’immagine e alla reputazione dei minori meritano la stessa tutela di quelli degli adulti.

Per questo motivo, stando al disegno di legge in questione, non solo potrebbe essere vietato in Francia postare foto dei figli sui social media ma, nei casi più gravi, è previsto l’intervento di un giudice familiare quando le immagini dei bambini pubblicate in Rete dai genitori risultino particolarmente offensive, lesive della dignità del minore o pericolose.

Cosa fanno e cosa rischiano i minori in Rete è da tempo un tema caldo

La novità francese non è unica nel suo genere. Già qualche anno fa in Italia il Codacons ha presentato un esposto contro la sovraesposizione dei minori online da parte dei genitori3: nel mirino erano allora soprattutto gli influencer che coinvolgevano i figli nelle collaborazioni con i brand , traendo profitto dalla pubblicazione in Rete di foto o video che li ritraevano nelle attività più disparate.

La stessa Francia è stata tra i primi paesi a dotarsi di una legge per i baby influencer, arrivata prima di una normativa che regolamenterà la professione di influencer e content creator professionisti. Non mancano soprattutto oltreoceano intricate vicende legali di figli che hanno trascinato in tribunale i genitori, vip in qualche caso, per aver sistematicamente violato la loro privacy e la loro immagine condividendo in Rete ogni tipo di contenuto mediale. Diversi tribunali italiani, più di recente, sono intervenuti a ribadire con apposite sentenze che per pubblicare foto o video dei figli in Rete è necessario quantomeno il consenso dell’altro genitore4, regola che non vale solo per genitori separati o divorziati.

Quello della presenza in Rete di molti minori che formalmente non avrebbero l’età minima per usare la maggior parte dei servizi digitali è un tema sempre caldo.

Le maggiori preoccupazioni riguardano gli effetti che i social media possono avere sugli utenti più giovani, soprattutto in seguito a scandali come quello dei Facebook Papers che hanno portato alla luce un certo lassismo delle big tech davanti all’evidenza che quelli digitali possono essere ambienti tossici per la salute mentale – e non solo – dei minori. Non mancano, però, allarmi riguardo alla possibilità che i bambini più che gli adulti sviluppino forme di dipendenza dalla Rete e dalle tecnologie o che online possano essere vittime di hate speech , cyberbullismo, abusi e violenze sessuali.

Anche per questo l’appello che genitori, associazioni di settore, decisori politici da tempo fanno alle big tech è di prevedere almeno impostazioni per la privacy più stringenti per i minori, se non possono sviluppare o perfezionare strumenti per la age verification che impediscano a tanti under 14 di frequentare questi ambienti.

La proposta francese di vietare i social a chi ha meno di 15 anni

Negli stessi giorni in cui si sta discutendo il disegno di legge in base al quale sarà vietato in Francia postare foto dei figli, un gruppo di parlamentari di centro-destra, il gruppo Horizons guidato da Laurent Marcangeli, ha presentato a un’altra proposta per vietare i social in Francia a chi ha meno di 15 anni5.

Si tratta dell’età minima al di sotto della quale è previsto in Francia che siano i genitori a concedere il consenso al trattamento dei dati personali dei minori secondo le previsioni del GDPR, ma anche quella a partire da cui si attribuisce nel Paese una certa maturità sessuale dell’adolescente. È un’età di passaggio, insomma, segnata simbolicamente dall’inizio del ciclo di istruzione superiore e in cui si presume che il ragazzo sia ormai maturo per prendere autonomamente decisioni che riguardano la sua vita, anche digitale.

La proposta francese prevedrebbe anche la possibilità di multare per una cifra pari a fino l’1% del fatturato globale le big tech che non accertino che gli iscritti ai propri servizi abbiano almeno 15 anni.

Incentivare, prospettando delle sanzioni per chi non la esegue, la verifica dell’età degli iscritti rischia di essere solo una soluzione parziale, però, a una questione che richiede un approccio più sistemico, per molti versi culturale e mirato a sviluppare una maggiore consapevolezza anche nei minori di cosa vuol davvero dire “stare” in Rete.

Note
  1. Proposta di legge volta a “garantire il rispetto del diritto d’immagine dei bambini”
  2. Instagram/ @lateladicarlottablog
  3. Codacons
  4. Le legge per tutti
  5. Le Figaro
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