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Vinci Salvini: il gioco a premi del leader leghista insegna cosa funziona sui social

Vinci Salvini: torna il gioco a premi sui social della Lega

Vinci Salvini è il concorso che permette di vincere una chiamata o un incontro con il leader leghista: ecco cosa rivela dei meccanismi social.

Già utilizzato – e, va da sé, ampiamente criticato – durante le elezioni politiche 2018, “Vinci Salvini“, il gioco a premi del leader della Lega, è tornato e farà parte della campagna elettorale del partito in vista delle europee del 26 maggio 2019. Ben oltre le polemiche e le provocazioni, se in meno di ventiquattro ore ha superato le decine di migliaia di partecipanti sembra spontaneo chiedersi che cosa l’ultima trovata della macchina elettorale leghista abbia da insegnare davvero quanto a engagement su piattaforme social e ambienti digitali.

Disintermediazione e coinvolgimento: perché un politico ha bisogno di un contest sui social

Disintermediazione è stata la buona stella sotto cui partiti e leader politici hanno interpretato fin da subito le opportunità offerte dalla comunicazione politica online. Dal #MatteoRisponde dell’era Renzi alle lunghe dirette con cui la giovane deputata Alexandria Ocasio-Cortez mostra ai suoi elettori i retroscena delle giornate al Congresso, a ogni latitudine stare sui social sembra aver permesso a chi fa politica soprattutto di avvicinare la propria community di elettori.

Non sorprende così che strategie e contenuti puntino per lo più a creare coinvolgimento e, in questo senso, se funzionano per i brand perché contest e giveaway non dovrebbero funzionare anche per le Pagine dei politici? A guardarlo bene, insomma, “Vinci Salvini” è poco o per niente diverso dai vari concorsi sul web organizzati da brand dell’alimentare, del beauty&care, dell’intrattenimento. Di diverso c’è che il premio non consiste in coupon sconto o campioni omaggio, ma in qualcosa di decisamente più esperienziale come una chiamata o, per i più fortunati, un incontro addirittura con il proprio beniamino politico. Le regole, invece, sono le solite: mettere like ai post della pagina, ricondividere un tweet, se possibile il più velocemente possibile. Ogni buon social media manager, del resto, combatte ogni giorno una battaglia quotidiana contro la tirannia degli algoritmi e, nell’incertezza di cosa favorisca il traffico organico, sa bene che le interazioni spontanee – e possibilmente tempestive – rimangono l’appiglio migliore per garantire visibilità ai propri post e ai propri contenuti.

C’è un vantaggio secondario non meno positivo in tutto questo ed è lo stesso vantaggio che hanno dichiarazioni continue, qualunque sia l’argomento di giornata, spesso provocatorie da parte di leader e forze politiche. I giornali hanno bisogno di storie; le persone sui social hanno bisogno di storie del giorno su cui poter dire la propria e, spesso, con toni tutt’altro che pacati e rispettosi. Polarizzare l’opinione pubblica potrebbe essere, allora, nient’altro che un’efficace strategia per essere visibili e notiziabili in un mare magnum di informazioni che si contendono la (scarsa) attenzione di pubblico e media, secondo il vecchio mantra insomma del bene o male, basta che se ne parli. Proprio il consistente buzz che ha accompagnato il ritorno del “Vinci Salvini” è, come se ce ne fosse bisogno, l’ultima dimostrazione.

Vinci Salvini raccoglie dati sugli elettori e aiuta il leader leghista a costruire comunicazioni ancora più personalizzate?

C’è un altro aspetto del gioco a premi organizzato dal leader leghista che non è certo sfuggito a chi frequenta di più gli ambienti digitali. Il “Vinci Salvini” è un contest sui social che, però, mira a portare gli utenti fuori dai social: è vero infatti che vince il like più veloce, il retweet più pronto, ma è vero anche che per iscriversi al concorso è indispensabile passare dal sito www.vincisalvini.it. Certo, una volta che ci si atterra si può scegliere di usare comunque il Facebook Login, ma si tratta pur sempre di un sito proprietario attraverso cui, non è difficile immaginare, vengono raccolti dati e svolte attività di profilazione degli utenti. Una scelta, tra l’altro, quella di preferire gli spazi owned alle più comuni piattaforme social, in parte conseguenza anche dei diktat quanto a titolarità e trattamento dei dati personali della nuova normativa europea, che sembra un trend del momento con sempre più grandi brand, come Unicredit e Lush, che annunciano l’abbandono dei social.

Che la strategia e il marketing elettorale della Lega di Salvini siano dei più efficaci e al passo con il tempi, almeno in Italia, del resto, è stato sottolineato in diverse occasioni. Anche senza scomodare La Bestia (il complicato algoritmo che suggerirebbe a Salvini che tipo di post fare per avere successo sui social), non è difficile osservare come i contenuti, le forme, i toni usati dal leader leghista siano appositamente pensati tanto per risultare d’appeal a un pubblico che è con buona probabilità il cuore del suo stesso elettorato, quanto per rafforzare la sua immagine di leader del popolo. Come l’italiano qualunque, semplificando molto, Salvini torna a casa da lavoro il lunedì sera e si rilassa guardando la nuova puntata del Grande Fratello; anche se va di corsa non riesce a dire no a un buon piatto di tagliatelle al ragù (pronto) o a una colazione a base di pane e Nutella; vede più pericoli che opportunità nell’apertura dei cannabis shop e, non è difficile immaginare che, se non ne fosse il premio, parteciperebbe con piacere a un gioco per incontrare il suo beniamino politico. O almeno è questa l’immagine, scrupolosamente costruita, che tiene a dare di sé.

Lo spot di Vinci Salvini convince, ma forse non fino in fondo

Per le stesse ragioni non sorprendono alcune scelte lessicali del video-promo di “Vinci Salvini”. L’allusione a «intellettualoni» e «professoroni» che potrebbero criticare l’iniziativa è, ancora, un omaggio alla retorica dell’uomo normale, più votato alla praticità e al divertimento che a tenere conto delle opinioni dell’altro.

Un tono leggero e scanzonato, del resto, prevale nella promozione del gioco a premi: è lo stesso Salvini che si trasforma in un istrionico conduttore di quiz come quelli che è lecito pensare non manchino, ancora, nella dieta mediatica del target elettorale del politico. È alla base di qualsiasi atto comunicativo, del resto, la condivisione di una certa enciclopedia di codici: ed è per questo per esempio – oltre che per quella necessità di fare comunità e sviluppare spirito di gruppo di cui si è già detto – che da ascoltatori che stanno valutando se partecipare o meno a un gioco a premi ci si aspetta, si desidera quasi essere chiamati «amici».

Sembra esserci, però, una nota stonata in questo spot di “Vinci Salvini”. Qualche allusione di troppo, un tono troppo canzonatorio ed eccessivamente autoironico: che il leader stia, in realtà, ridendo della sua stessa trovata e di chi decide di partecipare? Non sorprenderebbe in un tempo in cui un’impiegata INPS, dal profilo ufficiale di un ente pubblico, decide di risponde alle domande di chi non sa come ottenere il reddito di cittadinanza in maniera al limite dell’irrispettoso e persino il Twitter ufficiale della Polizia di Stato usa toni che non ci si aspetterebbe da una forza pubblica nel confrontarsi con un semplice cittadino.

blastare  e zittire il proprio pubblico o i propri avversari, però, serve davvero a qualcosa nel gioco del coinvolgimento e se l’obiettivo è guadagnare presenza digitale?

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