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Telemarketing e call-center: stato dell'arte e novità all'orizzonte

Telemarketing e call-center: stato dell'arte e novità all'orizzonte

Le criticità del telemarketing e le tutele per utenti e operatori dei call-center: ecco la situazione in Italia e le modifiche previste.

Il fenomeno del telemarketing si inserisce nell’ambito di un processo di ammodernamento delle strategie commerciali che vede capovolgersi le dinamiche tradizionali dell’acquisto di beni o servizi. Se per le contrattazioni all’interno dei locali commerciali, infatti, è tradizionalmente il soggetto intenzionato a acquistare un bene che si rivolge a colui che lo pone in vendita, con il telemarketing si ha un contatto avviato dall’impresa e destinato a ricercare gli acquirenti tra la miriade di soggetti cui è sottoposta l’offerta. Effettivamente, si tratta di una tecnica con cui si individuano i consumatori potenziali e si cerca di trasformarli in consumatori effettivi.

Gli elementi connotativi del telemarketing

Si tratta, ad ogni modo, di una pratica commerciale aggressiva, giacché la sollecitazione all’acquisto avviene sfruttando l’effetto sorpresa: il potenziale acquirente, infatti, viene “sorpreso” dalla comunicazione dell’azienda e, dunque, potrebbe non essere in grado di predisporre quelle cautele valutative occorrenti per concludere un affare ponderato e vantaggioso.

Queste conseguenze discendono direttamente dalla struttura dell’operazione economica realizzata mediante il telemarketing. E, infatti, se normalmente l’attività deliberativa del consumatore precede il contatto con il venditore, nel caso di specie la fase decisoria viene sollecitata mentre il canale comunicativo-persuasivo con il venditore è ancora aperto, dunque in un momento in cui questi può cercare di incidere in maniera molto efficace sulla scelta finale del potenziale acquirente.

Sotto altro profilo, poi, il carattere “aggressivo” dell’operazione si ricava anche dalla modalità massiva con cui essa viene realizzata: dal centralino, infatti, vengono composti contemporaneamente molteplici numeri di telefono, così da ridurre al massimo le inefficienze derivanti dal tempo di attesa e cioè, in buona sostanza, il tempo che intercorre dalla composizione del numero alla (eventuale) risposta dell’utente.

Questa tecnica, peraltro, ha dato luogo al contestatissimo fenomeno delle cdd. “chiamate mute“, su cui di recente si è espressa in termini restrittivi anche la Cassazione, sancendone la incompatibilità con le garanzie assicurate dal “Codice della privacy” (D. Lgs. 196/2003).

La disciplina dettata dal codice della privacy

Com’è noto, infatti, l’ordinamento italiano è dotato di un “codice” ad hoc che disciplina tutti gli aspetti più rilevanti del trattamento dei dati personali ad opera di soggetti pubblici o privati. La tematica in questione, peraltro, è stata di recente interessata da una rilevante modifica apportata dal legislatore comunitario che, con il regolamento nr. 679/2016, ha inteso rafforzare le garanzie di cui dispone il cittadino.

Il principio cardine della normativa italiana e comunitaria, comunque, è evidente e si individua nella normale imprescindibilità del consenso del titolare per l’utilizzazione dei dati personali. In via generale, tale principio risulta direttamente dall’art. 23 cod. privacy a mente del quale «il trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato».

Per quanto riguarda specificamente le comunicazioni elettroniche, tuttavia, esso risulta puntualmente dall’art. 129 co. 2 che ribadisce l’immancabilità del consenso allorché i dati personali vengano tratti dagli elenchi degli abbonati ai servizi di telecomunicazione.

Tuttavia, questa previsione trova una espressa deroga proprio in materia di telemarketing, giacché all’art. 130 cod. privacy si prescrive che i dati ricavati dagli elenchi degli abbonati possano essere utilizzati – anche senza esplicito consenso – «a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale».

Il Registro delle Opposizioni

Questa eccezione, tuttavia doveva – nelle intenzioni del legislatore – essere controbilanciata dalla previsione di un apposito strumento: il Registro Pubblico delle Opposizioni, disciplinato dal D.P.R. 178/2010. 

A fronte di un sistema imperniato sul principio del consenso e quindi sull’opt-in (cioè sul consenso dell’interessato), si è costruito un sottosistema imperniato sull’opt-out e cioè che consente il trattamento dei dati da parte degli operatori commerciali fino a quando l’interessato non si chiami fuori esercitando il suo diritto di opposizione. Va comunque precisato che, nonostante l’impegno dei soggetti istituzionali (il Garante per la privacy ha predisposto nel 2015 anche un vademecum), il sistema non ha dato buona prova di sé.

A parte il problema (comunque non irrilevante) della necessità per l’utente di completare la procedura di iscrizione al Registro, il vero ostacolo è rappresentato dal fatto che – nonostante tale adempimento – non è affatto sicuro che le telefonate “moleste” cessino, giacché non esiste al riguardo un meccanismo automatico: vero è che in caso di mancato rispetto del diritto di opposizione vengono previste sanzioni piuttosto elevate (da 10.000 a 120.000 euro), ma chiaramente non è l’irrogazione della sanzione che interessa all’utente, quanto il non ricevere (oltre) chiamate indesiderate; si potrebbe obiettare che l’applicazione delle sanzioni rappresenta un efficace strumento di deterrenza, ma occorre tener conto che, in ultima analisi, dovrebbe essere proprio l’utente a sollecitare il Garante segnalando la violazione (art.13 DPR 178/2012).

Dunque sia la fase di opposizione che quella di segnalazione delle violazioni sono “devolute” all’utente ed appare abbastanza irrealistico ipotizzare che – al di fuori dei casi di particolare gravità della violazione – questi metta in campo tempo, mezzi e volontà necessari a realizzare i vari adempimenti richiestigli.

Novità legislative approvate e approvande

In attesa di un’auspicabile risistemazione della materia e, magari, di un passaggio ad un sistema opt-in, va comunque rilevato che il legislatore ha di recente compiuto alcuni passi significativi. In particolar modo va segnalato come la legge di Stabilità per il 2017 è intervenuta a modificare l’art. 24-bis del D.L. n. 83/2012 convertito dalla legge n. 134/2012 con l’obiettivo di scoraggiare la delocalizzazione dei call-center.

Se, come si diceva, il fenomeno del telemarketing rappresenta una pratica commerciale aggressiva per gli utenti, la stessa dimensione di aggressività va sottolineata anche rispetto alle condizioni lavorative dei dipendenti che sono impiegati nei call-center, spesso soggetti ad un trattamento del tutto incompatibile con il rispetto della dignità dell’uomo, prima ancora che del lavoratore.

Ebbene, tutto ciò risulta di recente aggravato dal fatto che alcune delle società italiane che forniscono i servizi di call-center strumentali al telemarketing hanno ben pensato di delocalizzare, trasferendo gli stabilimenti verso stati – spesso extra-UE – in cui la legislazione a tutela dei lavoratori prevede standard enormemente più bassi sia sotto il profilo retributivo che sotto quello più ampio delle condizioni complessive in cui si svolge la prestazione lavorativa. Non occorre peraltro intrattenersi oltre sul danno occupazionale che tali scelte imprenditoriali causano al nostro paese.

Per far fronte a questo fenomeno, il legislatore italiano è intervenuto prevedendo – a partire dall’1 aprile 2017 – non solo degli obblighi di registrazione a carico del gestore del call-center, ma anche un obbligo di preventiva informazione circa il luogo in cui si trova l’operatore che contatta l’utente, con possibilità per quest’ultimo di chiedere ed ottenere il trasferimento della chiamata ad altro call-center collocato sul territorio dell’Unione.

L’obiettivo, chiaramente, è quello di disincentivare la delocalizzazione verso aree extra-UE imponendo al gestore del servizio di disporre anche di strutture situate sul territorio dell’Unione cui reindirizzare le chiamate nel caso in cui ciò venga richiesto dal soggetto contattato.

Per quanto attiene, invece, alla tutela dell’utente, va segnalata la previsione, contenuta all’interno del cd. “d.d.l. concorrenza” (A.S. 2085) di alcune misure volte a rafforzare la tutela offerta dal Registro delle opposizioni. In particolare si prevede per un verso di estendere anche alle utenze mobili la possibilità di iscrizione (attualmente limitata alle utenze fisse), per altro verso l’efficacia purgativa dell’iscrizione, ovverosia la revoca erga omnes dei consensi al trattamento in precedenza espressi dall’utente.

Sicuramente quest’ultima misura potrebbe risultare particolarmente utile giacché consentirebbe al titolare dei dati intenzionato a liberare la sua utenza dalle telefonate a scopo promozionale di operare un “colpo di spugna” su tutti i consensi prestati – magari anche in epoche remote o soggetti di cui non ha più memoria – senza obbligare ad una faticosa attività di ricognizione e revoca individuale. Rimarrebbero validi, ovviamente, solo i consensi prestati in epoca successiva all’iscrizione, che sarebbero considerati eccezionali rispetto all’opposizione generale.

Va comunque precisato che il disegno di legge al momento giace al Senato e non pare siano preventivabili termini brevi per la sua approvazione definitiva e conseguente trasformazione in legge.

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