Home / Macroambiente / Quaranta stati americani hanno accusato Meta di attentare alla salute mentale dei bambini

Quaranta stati americani hanno accusato Meta di attentare alla salute mentale dei bambini

novità meta

L'azienda, si legge nei lunghi fascicoli presentati a due corti distrettuali, conoscerebbe da sempre i rischi che i minori corrono utilizzando Facebook e Instagram, ma continuerebbe a ignorarli per ragioni di profitto.

Decine di stati americani hanno accusato la compagnia di Mark Zuckerberg di «aver sfruttato tecnologie potenti e di cui non esistono precedenti per attirare, coinvolgere e in definitiva rendere giovani e adolescenti dipendent1 dai propri servizi. Così si leggerebbe in un fascicolo presentato alla Corte del Distretto Nord della California.

Il documento di oltre duecento pagine, il cui contenuto è stato rivelato martedì 24 ottobre 2023 per primo dal Financial Times, è stato prodotto da trentatré stati in maniera congiunta: una prassi non insolita oltreoceano. Altri otto paesi hanno presentato in un secondo momento un’istanza separata alla Corte del Distretto di Columbia, facendo crescere in questo modo a quarantadue – per il momento – il numero degli Stati Unita d’America contro Meta, come conferma ReutersNota[ Reuters https://www.reuters.com/legal/dozens-us-states-sue-meta-platforms-harming-mental-health-young-people-2023-10-24/ [/FootNota].

Instagram e Facebook creano dipendenza e minano la salute mentale degli adolescenti: le accuse di quarantadue stati americani finiscono davanti ai tribunali

Le accuse non sono nuove e riprendono, anzi, quelle mosse nel 2021 da Frances Haugen nei cosiddetti “Facebook Papers2.

L’ex dipendente di Facebook Inc. – l’azienda di Zuckerberg si chiamava allora ancora così e molti continuano a sostenere che il rebranding in Meta fu accelerato proprio per la volontà di riparare al danno reputazionale che seguì al caso –raccontò come la compagnia fosse ben consapevole degli effetti negativi che l’uso dei propri servizi, e in particolare di Instagram, rischiava di avere sul benessere psico-fisico degli adolescenti.

Era la stessa grammatica del social, fatta di Like, repost e di un incessante “live streaming” di istanti patinati della propria quotidianità, a spingere i più giovani a un continuo confronto con gli altri e alla ricerca spasmodica di approvazione.

Facebook, continuava la whistleblower, non faceva niente di concreto per fermare questi meccanismi e finiva anzi per incentivarli, dal momento che maggiore era il tempo che gli utenti trascorrevano sulle piattaforme – poco importa se a confrontarsi con canoni estetici irraggiungibili o finendo per esporsi volontariamente a una quantità consistente di cattive notizie (una pratica nota come doomscrolling ) –, e maggiori erano le opportunità di profitto.

La nuova sollevazione dell’America contro Meta parte da queste stesse argomentazioni, le approfondisce e prova a dimostrarle con dati concreti.

Nei fascicoli presentati nei giorni scorsi alle corti distrettuali americane, come racconta tra gli altri The New York Times, stati come la California, lo Stato di New York e il Colorado non si limitano a sostenere che Meta ha progettato e introdotto nei propri servizi impostazioni che «manipolano psicologicamente»3 gli utenti più giovani e li spingono a un uso compulsivo e prolungato nel tempo di Facebook, Instagram, WhatsApp. Provano, infatti, a dimostrare come nel concreto una notifica su Facebook, scrollare all’infinito il feed di Instagram o la doppia spunta blu che segnala quando un messaggio è stato letto su WhatsApp possono generare in bambini e adolescenti «depressione, ansia, insonnia o interferire negativamente sul rendimento scolastico e altri aspetti della vita quotidiana».

Numerosi sono stati, del resto, in questi anni gli studi finalizzati a indagare i rischi che i bambini corrono sul Web, quando e perché il pericolo è che sviluppino una vera e propria dipendenza dalla Rete e che effetti possono avere i social media sulla loro salute fisica e mentale.

Alcune pagine dei fascicoli presentati in tribunale dagli stati americani, sottolinea Reuters, provano in particolare a dimostrare una tesi avanzata da tempo: quella secondo cui Facebook, Instagram e altri servizi simili si baserebbero su algoritmi in grado di stimolare la produzione di dopamina. Questo neurotrasmettitore è noto per essere collegato con la sensazione di piacere e soddisfazione: per questo sarebbe anche fisicamente difficile staccarsi dai social. Su meccanismi simili si baserebbero, continuano le accuse, anche alcune funzioni di Horizon Worlds, il metaverso di Meta.

L’America contro Meta e le altre big tech: conoscono i rischi per i bambini, ma fanno poco per evitarli

Se queste tesi fossero confermate sarebbe difficile credere che Zuckerberg e il team di Meta non fossero almeno a conoscenza dei potenziali pericoli legati all’utilizzo dei propri servizi da parte dei minori. Piuttosto li avrebbero volontariamente ignorati mettendo «davanti a tutto il profitto», come recitano altri passaggi dei fascicoli presentati alle corti distrettuali.

Non è ormai un mistero che i minori che frequentano i social, a volte senza avere neanche l’età minima per l’iscrizione, siano un target commercialmente strategico per Meta e le altre aziende tecnologiche, beccate in più occasioni a raccoglierne i dati personali in barba alle normative esistenti in materia e a privacy policy in cui a parole si impegnano a non profilare i minorenni.

Nei fascicoli presentati in questi giorni alle corti americane Meta viene accusata anche di questo: di aver raccolto e trattato dati personali dei minori senza il consenso di genitori o tutori in violazione del Children’s Online Privacy Protection Act.

Il riferimento alla norma americana che tutela la privacy dei bambini in Rete prova, certo, come la nuova ondata di accuse dell’America contro Meta vada contestualizzata in una cornice, quella attuale, di maggior attenzione verso cosa fanno le big tech e quanto si dimostrano rispettose delle leggi in vigore nei vari paesi in cui operano.

Non è passato molto tempo, per esempio, da quando TikTok è stata messa al bando in molti campus e stati americani per criticità legate soprattutto al profilo della privacy e anche il Garante Privacy italiano ha espresso dubbi sull’app di ByteDance. Solo qualche mese fa la stessa Meta ha ricevuto in Europa una maxi multa da 1.2 miliardi di euro per violazione del GDPR.

Come Meta ha risposto alle nuove accuse da parte degli stati americani

Come si risolveranno i procedimenti contro Meta aperti presso la corte del Distretto Nord della California e della Columbia non è facile dirlo anche se, continua il The New York Times, non è improbabile che si arrivi a un accordo.

Il commento di Meta intanto non è tardato ad arrivare. La compagnia ha ribadito di lavorare da sempre a creare un ambiente più sano per i più piccoli: questo l’ha portata nel tempo a studiare e implementare oltre trenta funzioni e impostazioni ad hoc come, solo per citarne alcune, la funzione che permette di prendersi una pausa da Instagram quando ci si sente in pericolo o stanchi di stare sui social o le numerose impostazioni per il parental control con cui genitori e tutori possono controllare in tempo reale le attività online dei propri figli.

Da qui il «disappunto» – questo il termine scelto dai portavoce dell’azienda di Zuckerber per commentare ai giornali la questione – verso la mossa degli stati americani che, «invece di lavorare produttivamente insieme alle aziende della nostra industria per stabilire standard chiari e appropriati in virtù dei tanti teenager che frequentano le app», hanno scelto la via dello scontro legale.

Da martedì comunque, sottolinea ancora Reuters, le azioni di Meta avrebbero subito un crollo dello 0.6%.

Note
  1. Financial Times
  2. Il Post
  3. The New York Times

© RIPRODUZIONE RISERVATA È vietata la ripubblicazione integrale dei contenuti

Resta aggiornato!

Iscriviti gratuitamente per essere informato su notizie e offerte esclusive su corsi, eventi, libri e strumenti di marketing.

loading
MOSTRA ALTRI