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Un pupazzo colorato e la nuova ondata di allarmismo per i pericoli che i bambini corrono in Rete

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Huggy Wuggy, il pupazzo più discusso del momento perché protagonista di presunti video in cui recita filastrocche macabre, ricorda quant'è importante evitare gli allarmismi ed educare i bambini a un uso consapevole della Rete

La storia è simile a quella di Jonathan Galindo e, prima ancora, di Momo e Blue Whale Challenge: voci di giochi pericolosi a cui bambini e ragazzini si starebbero sfidando in Rete continuano a circolare con insistenza, alimentate da post di genitori presunti testimoni e per questo preoccupati per quello che potrebbe accadere e finendo per essere riprese con allarmismo da media e autorità, salvo poi essere smontate punto per punto per rivelarsi infondate. Questa volta, però, il protagonista non è un personaggio ambiguo e oscuro, ma il coloratissimo peluche di Huggy Wuggy.

Come (e perché) Huggy Wuggy è diventato popolare in Italia

La sua popolarità è cresciuta negli ultimi tempi tanto da trasformarlo in gadget facile da trovare nelle più disparate versioni e ovunque, dalle bancarelle ai negozi di giocattoli, forse sdoganato in Italia da alcuni video dei Me Contro Te, come spiega tra gli altri Il Post1 e come rivelano anche le ricerche correlate su Google, dove Huggy Wuggy interpreta il ruolo generico del cattivo.

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L’andamento delle ricerche su Google per “Huggy Wuggy” in Italia negli ultimi dodici mesi e le ricerche correlate. Fonte: Google Trends

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Niente di paragonabile, insomma, a chi è e cosa fa Huggy Wuggy originariamente in “Poppy Playtime”, il videogioco survival in cui è nato come personaggio e dove come gli altri pupazzi di una ex fabbrica di giocattoli abbandonata si trasforma in un peluche assassino capace di stringere le proprie vittime in una stretta mortale grazie al velcro sulle zampe.

Il videogioco è classificato come vietato ai minori di 12 anni, ma altrove non sarebbe difficile imbattersi in video non ufficiali e creati da alcuni suoi fan in cui il pupazzo recita delle filastrocche inquietanti e macabre che alludono alla sua stretta mortale.

O, almeno, così si legge nel post pubblicato da una mamma su Facebook2 e poi diventato virale nei gruppi di genitori, prima di essere largamente ripreso dai giornali italiani con toni quasi sempre allarmistici: Il Fatto Quotidiano parla di «allarme pupazzo blu»3 nel titolo di un articolo dedicato a Huggy Wuggy e i toni non sono molto diversi per il titolo di un articolo del Corriere della Sera che lo definisce «pericoloso»4, solo per fare alcuni esempi.

Che alcuni dei principali siti di debunking italiani abbiano verificato le informazioni contenute nel post e ne abbiano segnalato le incongruenze – a partire da refusi come quelli che hanno trasformato il nome del pupazzo in un più “italianizzato” Haggy Waggy5 – non è bastato a evitare l’intervento della Polizia Postale che ha diffuso un «alert prudenziale»6 per «sensibilizzare le famiglie» rispetto a un «contenuto pericoloso» e che potrebbe «ingenerare ansie e paure nei più piccoli». Non c’è alcuna «esigenza preventiva di tipo criminale», continua l’autorità, e quindi, diversamente da quanto successo per altre challenge, non ci sono al momento notizie di azioni violente o autolesive commesse per gioco e per seguire “il trend” di Huggy Wuggy, ma questo non vuol dire che l’occasione non sia quella giusta per accertarsi di come i propri figli utilizzino la Rete e che cosa facciano quando connessi.

L’allarme della Polizia Postale italiana non è stato, comunque, l’unico arrivato riguardante la vicenda di Huggy Wuggy.

Da dove viene (davvero) l’allarmismo per un pupazzo colorato e protagonista di un videogioco

Anche nel Dorset, in Regno Unito, le forze di polizia locali erano intervenute a segnalare il pericolo7 dopo aver ricevuto a propria volta segnalazioni di video che circolavano su YouTube e TikTok e in cui il pupazzo dai denti lunghi e affilati recitava una filastrocca che tra i versi aveva anche «potrei abbracciarti / per sempre/ fino a quando esalerai l’ultimo respiro».
La polizia inglese, a differenza delle autorità italiane, aveva fatto esplicitamente riferimento alla possibilità che quella di Huggy Wuggy fosse una delle numerose challenge con cui i ragazzi si sfidano sui social a compiere gesti estremi, pericolosi o autolesivi.

Ancora un sito di debunking era intervenuto a sottolineare, però, che i video a cui si faceva riferimento, sempre video di “fan fiction” e che non facevano parte del videogioco ufficiale né erano riferibili ai suoi creatori, erano effettivamente disponibili sulle due piattaforme ma non su YouTube Kids e TikTok For Young Users8, cioè non sulle loro versioni dedicate ai minori di 13 anni dove si trovano solo tutorial per imparare a disegnare Huggy Wuggy, e che bastava comunque attivare il parental control perché gli stessi fossero irraggiungibili dai più piccoli. Lo stesso succede per l’Italia, usando YouTube Kids e TikTok For Young User in lingua italiana dove non ci sono risultati per la parola chiave Huggy Wuggy.

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Cercando su YouTube Kids video per la stringa “Huggy Wuggy” non viene visualizzato alcun risultato. Fonte immagine: Il Post

Huggy Wuggy è il simbolo dei pericoli che i bambini corrono in Rete (e che i grandi ignorano)?

La vicenda del pupazzo colorato con lunghi denti affilati che vuole stringere i suoi avventori in un macabro abbraccio eterno sembra di quelle che più facilmente creano allarmismo non solo sui pericoli generici che i bambini corrono sulla Rete, ma soprattutto sulle responsabilità che le piattaforme hanno in questo senso.

Le big tech sono state spesso accusate di impegnarsi poco per evitare che contenuti pericolosi o inappropriati venissero proposti dai propri algoritmi ai minori e di sfruttare, anzi, la natura intrinsecamente coinvolgente di alcuni contenuti controversi per fare in modo che i bambini restassero più tempo connessi.

La maggior parte delle piattaforme digitali ha in realtà, quando non addirittura versioni speciali dei propri servizi dedicate agli utenti più giovani, almeno filtri e categorie che impediscono agli ultimi di raggiungere ed essere raggiunti da contenuti inappropriati e offrono ai genitori la possibilità di controllare e limitare le attività dei propri figli.

Sicuramente è giusto chiedersi come i gestori delle piattaforme si preoccupino di verificare se e quando gli iscritti abbiano davvero come dichiarano più di 13 anni, in attesa di un’eventuale norma – come quella per cui è stata di recente presentata una proposta di legge in Italia9 – sulla age verification che ne chiarisca obblighi e responsabilità.

La sicurezza dei bambini sul Web è, però, questione di un uso consapevole degli strumenti digitali: missione che, gli addetti ai lavori concordano, richiede uno sforzo congiunto da parte di numerosi soggetti, scuola e genitori inclusi insieme a media e professionisti dell’informazione e al resto dell’opinione pubblica.

Anche la storia di Huggy Wuggy lo dimostra, in negativo, con l’allarmismo generato dai presunti video pericolosi che avevano il peluche per protagonista che ha rischiato di oscurare completamente una più importante riflessione sulla necessità che i bambini imparino a riconoscere quando navigano in Rete i contenuti che più generano loro ansia o li mettono a disagio e siano in grado di evitarli o, perché no, di prendersi una pausa dagli ambienti digitali quando lo reputino necessario.

Note
  1. Il Post
  2. Butac
  3. Il Fatto Quotidiano
  4. Corriere della Sera
  5. Bufale.net
  6. Polizia Postale
  7. DorsetLive
  8. Snopes
  9. Il Sole 24 Ore
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