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L'influencer marketing corre in Italia a due velocità diverse secondo Buzzoole

lo stato dell influencer marketing nel 2022 buzzoole

Ci sono brand che investono da tempo in campagne con i creator e hanno ormai dimestichezza con le dinamiche del settore e altri che devono ancora familiarizzare con l'influencer marketing: l'analisi di scenario di Buzzoole.

È un approccio qualitativo quello con cui Buzzoole prova a fotografare “Lo stato dell’influencer marketing” nel 2022.

Una delle ultime indagini simili, nel 2019, aveva definito ormai «maturo» il mercato italiano dell’ influencer marketing . Da allora molte cose sono cambiate, sul mercato pubblicitario soprattutto che come effetto indiretto di pandemia, guerra in Ucraina, inflazione, crisi economica ha visto spostarsi ingenti budget dai canali più tradizionali a quelli digitali, incluso appunto l’ influencer marketing.

Se sempre più aziende di diversi settori investono in campagne con gli influencer non ci si può che aspettare, così, un panorama più vario e differenziato.

Aziende diverse hanno una diversa familiarità con l’influencer marketing

Non a caso il primo aspetto che Buzzoole fotografa nella propria indagine è l’ampia distanza che esiste a oggi tra «i brand più evoluti e quelli meno evoluti» nell’approccio all’influencer marketing.
I primi sono brand che ormai da anni investono in campagne con gli influencer: hanno per questo una migliore conoscenza del mercato, spesso possono contare su team interni che si occupano di reclutare i content creator e curare vari aspetti delle campagne e su tool tecnologici che rispondono agli stessi obiettivi.
Al contrario, i secondi sono brand che hanno da poco iniziato a investire in influencer marketing: il loro è un approccio «adolescenziale», così viene definito all’interno de “Lo stato dell’influencer marketing” nel 2022, e che li costringe a ricorrere alla guida di apposite agenzie.

La distanza tra brand con diverso grado di familiarità con l’influencer marketing si acuisce soprattutto se si considera la percezione dell’offerta del mercato.
Le aziende che hanno da poco cominciato a investire in campagne con gli influencer reputano infatti l’offerta del mercato «ampia e confusa».
Al contrario, le aziende che hanno ormai più esperienza nel settore hanno anche più consapevolezza delle sue dinamiche, sanno a che player e intermediari rivolgersi a seconda degli obiettivi che di volta in volta mirano a raggiungere e sanno differenziare le strategie, gestendo in-house le campagne di influencer marketing per il mercato b2c per esempio e affidando ad agenzie quelle destinate al mercato b2b .

Una delle evidenze forse più inattese dell’indagine di Buzzoole è che le aziende che da più tempo investono in influencer marketing non solo hanno team dedicati, come già accennato, ma spesso chiamano a ricoprire ruoli chiave al loro interno professionisti digitali provenienti proprio dal mondo dell’influencer marketing.

Da “Lo stato dell’influencer marketing” nel 2022 di Buzzoole qualche conferma sull’andamento del settore

Ne “Lo stato dell’influencer marketing” nel 2022 Buzzoole conferma come le campagne con gli influencer stiano «erodendo» budget pubblicitari, quasi sempre perché considerate più convenienti, a scapito di altri media come soprattutto quello televisivo.

I volti di influencer e content creator si sostituiscono a quelli dei personaggi famosi del piccolo schermo soprattutto nella fase di awareness, ossia a quel gradino del funnel che serve per creare consapevolezza attorno a un brand o ai suoi prodotti o servizi. I
l ruolo degli influencer è però oggi meno «cristallizzato» di un tempo: le aziende li coinvolgono nelle loro campagne, cioè, nei momenti più diversi, tanto quando serve aumentare il coinvolgimento degli utenti in fase di consideration quanto quando serve ottenere lead e conversioni concreti.

La distanza tra brand con più o meno familiarità ed esperienza in materia di influencer marketing sembra accorciarsi se si considerano da un lato le metriche tramite cui valutare l’efficacia delle campagne e, dall’altro, come le aziende percepiscono di chi fa “di mestiere” l’influencer. Quanto alle prime, anche i manager più esperti e che da anni si occupano di campagne con gli influencer, stentano ancora a individuare kpi giusti da utilizzare per valutare la buona riuscita e l’efficacia delle campagne e il ritorno sugli investimenti iniziali.
11Per la prima volta dopo anni, invece, i content creator professionisti cominciano a essere considerati dai brand innanzitutto come persone con cui è indispensabile costruire una relazione – anche eventualmente tramite programmi di nurturing – individuale prima che professionale.

Con “Lo stato dell’influencer marketing” nel 2022 Buzzoole conferma, infine, altri due aspetti evidenziati da gran parte di studi e ricerche sul tema. Il primo è che le aziende, soprattutto quelle con una certa esperienza nel campo, tendono a coinvolgere nelle proprie campagne soprattutto micro influencer che considerano più «esperti» e «capaci di produrre contenuti autorevoli e credibili». Il secondo è che la piattaforma più utilizzata per l’influencer marketing continua a essere Instagram: su piattaforme emergenti come TikTok si investe, sì, ma ancora con «cautela», nonostante si riconosca ai TikTok influencer maggiore creatività.

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