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Facebook e Garante Privacy aiutano chi è stato vittima di revenge porn e pornografia non consensuale a segnalarlo

Arriva una partnership tra Facebook e Garante Privacy contro il revenge porn, per segnalare contenuti espliciti condivisi senza consenso.

La partnership deriva da un progetto pilota e semplificherà l'iter per segnalare contenuti intimi o espliciti pubblicati in Rete senza il proprio consenso, ma anche il meccanismo con cui le piattaforme possono riconoscerli e bloccarli. Quello della pornografia non consensuale è un fenomeno sempre più diffuso anche in Italia.

Facebook e Garante Privacy contro revenge porn e pornografia non consensuale sperimentano insieme, per la prima volta in Italia, una formula che prevede di combinare intelligenza artificiale, tecnologie di apprendimento automatico e intervento umano allo scopo di scongiurare la condivisione in Rete, senza consenso della persona ritratta appunto, di immagini e video dal contenuto esplicito.

la partnership tra Facebook e Garante Privacy contro revenge porn e pornografia non consensuale

Dall’8 marzo 2021 sul sito del Garante per la protezione dei dati personali è disponibile un modulo per segnalare casi di revenge porn e pornografia non consensuale. Possono usarlo gli individui maggiorenni, diretti interessati, che temono che per qualche ragione delle proprie immagini o dei propri video intimi possano essere condivisi su Facebook o su Instagram e diventare virali. Sarà poi l’authority, «in modo sicuro e confidenziale» scrivono, a girare la segnalazione al team di Facebook che si occuperà della rimozione dei contenuti in questione.

Da Palo Alto non sono nuovi, del resto, a questo tipo di iniziative. Già nel 201 aveva generato polemica, per esempio, la notizia che Facebook Australia stesse chiedendo foto di nudi ai propri iscritti proprio come strategia di contrasto alla pornovendetta. Già allora si trattava, semplificando molto, di usare il machine learning e allenare l’intelligenza artificiale per riconoscere immediatamente i contenuti espliciti pubblicati sulla piattaforma, eliminarli ed evitarne la ricondivisione.

È (anche) in questo modo che, dicono dalla Newsroom di Facebook, solo nell’ultimo trimestre del 2020 sono stati identificati e conseguentemente rimossi almeno 28 milioni di contenuti espliciti o raffiguranti atti sessuali tra adulti, nella maggior parte dei casi (il 98.1%) prima ancora che venissero segnalati.

Prima ancora della partnership tra Facebook e Garante Privacy contro revenge porn e pornovendetta, anche in Italia il team di Zuckerberg aveva sperimentato lo scorso anno un approccio simile. Per farlo si era avvalso della collaborazione con la no profit PermessoNegato, che ha come mission proprio quella di offrire «soluzioni tecnologiche contro la pornografia non consensuale» e ha avuto un ruolo non indifferente negli scorsi mesi per esempio nel fare chiarezza sulla vicenda del bot Telegram che spoglia le foto.

Il progetto pilota lanciato da Facebook Italia e PermessoNegato prevede che chiunque, temendo che foto e video che lo ritraggono in atteggiamenti intimi o espliciti possano essere pubblicati senza il proprio consenso in Rete, possa chiedere aiuto all’associazione: è in questo modo che parte una segnalazione diretta; le foto e i video in questione vengono sottoposti al team di Facebook che associa loro un valore di hash, e cioè, volendo semplificare, un valore alfanumerico univoco che può essere considerato una sorta di identificativo o firma digitale del contenuto stesso, da utilizzare per riconoscere e bloccare ogni tentativo di pubblicazione di quello stesso contenuto. In maniera simile si può intervenire anche qualora i contenuti espliciti fossero già stati pubblicati su Facebook o su Instagram per bloccarli e impedirne la ricondivisione.

Il Garante per la Privacy si rivela ora, insomma, solo un intermediario in più a cui rivolgersi in tutta sicurezza per segnalare eventuali casi di pornovendetta e pornografia non consensuale di cui si teme di essere vittime.

Perché la pornografia non consensuale si combatte con più alfabetizzazione

I numeri del fenomeno sono ormai preoccupanti anche in Italia e lo sforzo per combattere revenge porn e suoi affini non può che essere collettivo.

L’impegno – e la responsabilitàdelle piattaforme è certo fondamentale e, proprio a proposito della partnership tra Facebook e Garante Privacy contro revenge porn e pornografia non consensuale, la Public Policy Director Southern Europe di Facebook, Laura Bononcini, avrebbe sottolineato la volontà di continuare «a impegnarci affinché le persone si sentano al sicuro sulle nostre piattaforme e possano sempre trovare in noi un alleato per tutelarsi da qualunque abuso online».

Non può mancare, però, neanche più alfabetizzazione sul tema. “Non senza il mio consenso” è, così, la sezione del Centro per la Sicurezza di Facebook  che funge da hub informativo (come da Facebook ne hanno creati tanti in questo mese, come il COVID-19 Information Hub, il Voting Information Center, il Climate Science Information Center) in cui trovare strumenti e indicazioni utili sia per prevenire casi come questi e sia perché chiunque, temendo di essere stato vittima di revenge porn o subendo altre forme di sextortion o pornovendetta, possa intervenire in maniera adeguata e con l’aiuto dei giusti alleati.

Anche il Garante per la protezione dei dati personali ha messo a disposizione un proprio vademecum per prevenire e difendersi da revenge porn e pornografia non consensuale, con strumenti e azioni legali e non solo.

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