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I contenuti più condivisi del 2016 e cosa hanno da insegnare

I contenuti più condivisi del 2016 e cosa hanno da insegnare

BuzzSumo ha stilato una classifica dei contenuti più condivisi nel 2016. Ecco quali sono e cosa c’è da imparare quanto a content strategy.

C’è una classifica di fine anno per qualsiasi cosa, persino per i contenuti più condivisi sui social del 2016, come quella stilata da BuzzSumo. Dentro c’è di tutto: dalle ricette diventate virali durante quest’anno alle notizie di politica prima e dopo l’elezione di Trump, passando per le guide in stile “how to” e i meme . Suddivisa per piattaforme, la top list di contenuti virali stilata da BuzzSumo, al contrario di molte altre classifiche che spopolano in questo periodo, ha a detta degli esperti molto da insegnare, specie a chi è alla ricerca di una nuova strategia di engagement per il 2017.

Come sa bene chi si occupa di strategie digitali e social media marketing , infatti, partecipazione e coinvolgimento della community sono due parole chiave quando si vuole raggiungere una presenza efficace in questi ambienti. Peccato che algoritmi e logiche interne delle piattaforme qualche volta non premino. Un esempio? Se negli ultimi mesi le pagine Facebook hanno registrato poche interazioni, livelli di traffico insolitamente bassi e reach sproporzionate rispetto alla natura dei contenuti condivisi, la “colpa” non è che dell’ultimo aggiornamento dell’algoritmo Facebook che mette in evidenza i contenuti condivisi dagli amici rispetto a quelli delle pagine. Il tentativo di Zuckerberg&co è quello di ristabilire una certa dimensione “familiare”, venendo incontro agli utenti e alle pratiche più comuni sulla piattaforma. Come diversi studi dimostrano, infatti, anche quando si tratta di notizie e contenuti digitali gli utenti si fidano soprattutto del passaparola tra amici e familiari: per questo è persino più vantaggioso per una pagina, almeno a detta del team di Facebook, «se il grosso del traffico è generato da persone che condividono i post e dai loro amici che mettono mi piace o commentano».

In altre parole? Se si vuole massimizzare la propria reach su Facebook serve creare contenuti di cui i propri fan vogliono farsi ambassador, fosse anche attraverso la semplice condivisione. In questo senso i post più virali del 2016 hanno molto da insegnare. A livello macroscopico e considerando i soli contenuti di stampo giornalistico si tratta per lo più di pezzi costruiti su dati e analisi o, in alternativa, di chiaro stampo politico, di storie in grado di suscitare l’interesse umano o di varianti sul genere “secondo la scienza”.

Confermare le opinioni degli utenti

Se vi state chiedendo, insomma, perché tra i contenuti più condivisi di quest’anno ci siano pezzi sulla maggiore intelligenza dei primogeniti (oltre 2.8 milioni di condivisioni), sulla prestanza degli uomini calvi (2.1 milioni di condivisioni), sulla correlazione tra intelligenza e disordine o sul maggiore bisogno delle donne di dormire, la risposta è semplice: gli utenti condividono contenuti che supportano le loro opinioni, tanto più se questi contenuti hanno una pretesa scientifica o appaiono basati su studi e ricerche. Le motivazioni? Sono da ricondurre all’uso più comune di Facebook e simili: creare un’immagine “patinata” e “attrattiva” di sé, anche quando questo significa condividere post che rendono la propria persona, agli occhi degli altri, migliore di quello che è. Per un brand che ha intenzione di iniziare una strategia di content marketing ciò significa, allora, creare contenuti in grado di unire ai valori aziendali le credenze e le opinioni del proprio target di riferimento. Contenuti che, proprio perché hanno un ruolo confermativo (quello che permette di chiosare con un “te lo avevo detto!” davanti alle infinite querelle con gli amici su quanto bisogna dormire, sulle abitudini migliori, etc.), gli utenti sono spontaneamente predisposti a condividere.

Fonte: socialmediatoday.com

Attenzione allo human interest!

Tra i contenuti più condivisi su Facebook nel 2016 secondo BuzzSumo ci sono anche storie come quella della scoperta di un nuovo trattamento che restituisce la memoria ai malati di Alzheimer (5 milioni di condivisioni), la lettera di una vittima di Stanford al suo carnefice (1.8 milioni di condivisioni), la curiosa vicenda si un pinguino che nuota ogni anno per 5 miglia pur di rivedere l’uomo che l’ha salvato (quasi 900mila condivisioni). Sono contenuti che giocano su uno dei più “vecchi” principi di notiziabilità: l’interesse umano. Gli utenti dei social network si lasciano commuovere da storie come queste e le condividono sulla scia dell’emotività o perché le considerano d’ispirazione. Come può, allora, un brand sfruttare lo human interest? Passando dalla comunicazione alla conversazione, coinvolgendo attivamente i propri consumatori nella costruzione dello storytelling aziendale e raccontando, per esempio, come i propri prodotti o servizi cambiano ogni giorno in meglio la vita delle persone.

I post “ispirazionali”

Anche guardare alle aspirazioni del proprio target e confezionare contenuti ad hoc può essere una buona strategia di engagement. Tra i contenuti più condivisi su Facebook quest’anno, per esempio, ci sono anche storie buffe come quelle di un Irish Pub gonfiabile che trasforma il proprio giardino in un bar o di una cheesecake alle noci pecan per un Ringraziamento sui generis. Cosa hanno in comune contenuti come questi e perché hanno avuto così successo sui social? Rientrano nella categoria di post ispirazionali”, che danno agli utenti quello di cui hanno esattamente bisogno in quel momento o glielo fanno credere possibile e, per questo, hanno più probabilità di essere condivisi. Tradotto? Significa, per i brand soprattutto, creare contenuti che leghino i propri prodotti/servizi a successi e performance eccellenti.

La presenza tra i top shared post del 2016 di test e quiz conferma, infine, l’importanza dei post che richiedono l’interazione degli utenti quando si mira a una strategia di engagement efficace. In questo senso c’è chi sostiene che il numero di condivisioni, like, reaction è poco più che una metrica di vanità” e che più rilevante sarebbe raggiungere la giusta audience, quella che si trasforma in conversion sul sito e, possibilmente, sull’ ecommerce . Senza i giusti contenuti e la giusta visibilità anche social, però, del resto, sarebbe impossibile per un brand scoprire nuovi customer.

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