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Il futuro dell’informazione digitale in 10 trend

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Come l’informazione fronteggia le sfide del digitale? Dagli accessi mobile all’importanza dei social: 10 trend secondo il Pew Research Center

Al contrario di quanto qualsiasi profezia volesse far credere, il giornalismo non è stato ucciso dal digitale, anzi ha trovato negli ambienti 2.0 nuova linfa vitale. Non solo click baiting, notizie strappa like e gattini, insomma: l’informazione digitale è molto di più, come ad esempio gli esperimenti di visual journalism contro le fake news che circolano in Rete o, ancora, le sperimentazioni che anche i “grandi” del settore stanno cominciando a fare su Snapchat e simili grazie ai contenuti temporanei.

Per capire in che direzione si sta muovendo il giornalismo digitale, così, il Pew Research Center ha fotografato la dieta mediatica di un americano medio. I risultati confermano la centralità del digitale nell’ecosistema dell’informazione e come questo stia, rapidamente, cambiando forma. Dieci fatti sembrano dimostrarlo.

1. L’online è la fonte preferita d’informazione

Quattro americani su dieci si informano spesso online. La Rete, infatti, è seconda, quanto a fonte d’informazione preferita, solo alla televisione, con la preferenza del 38% degli adulti, contro il 57% che ancora preferisce la TV. Ad affidarsi all’informazione digitale non sono, comunque, solo i più giovani – nonostante almeno la metà degli intervistati tra i 18 e i 29 anni la preferisca a qualsiasi altra fonte – ma anche gli adulti: è la fonte d’informazione preferita dal 49% di chi ha tra i 30 e i 49 anni. Solo tra gli over 50 c’è una preferenza netta per media tradizionali come tv e carta stampata.

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2. L’informazione digitale è soprattutto mobile

In questi anni, la percentuale di americani che usano device mobile per informarsi è cresciuta dal 54% del 2013 al 72%. Almeno due terzi degli utenti a stelle e strisce, in realtà, consumerebbe news tanto da mobile quanto da desktop: di questi, però, più della metà (il 56%) dichiarerebbe di preferire soprattutto il mobile.

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3. Chi lo ha detto che non è tempo per il long-form journalism?

Dimenticate l’adagio secondo cui, online, vincono le notizie veloci e i contenuti brevi. Secondo la rilevazione del Pew Research Center, gli articoli più lunghi riceverebbero lo stesso numero di interazioni di quelli più corti. Anzi: i pezzi da oltre 1000 parole garantirebbero una permanenza maggiore dell’utente mobile: 123 secondi contro 57.

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4. Chi si informa tramite smartphone usa i servizi di news alert

Almeno la metà (il 55%) degli utenti americani sostiene di ricevere notifiche riguardo alle news di maggiore interesse. Un ritorno a un’informazione “push”? Non si direbbe: solo la metà di chi pure usa gli alert, infatti, va poi ad aprire la notifica ricevuta e a leggerne la notizia.

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5. Usare i social per informarsi

Non è certo una novità: per quanto in qualche caso rifiutino di considerarsi media-agency, i social network sono diventati una fonte primaria d’informazione. Il 66% degli utenti Facebook, per esempio, dice di utilizzare la timeline soprattutto per informarsi; lo stesso avviene per il 59% degli utenti Twitter. Considerato il totale di iscritti alle piattaforme, si tratta di quasi un terzo della popolazione che usa i social come fonte primaria d’informazione.

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6. Le notizie non si cercano, si incontrano

Secondo quanto rilevato dal Pew Research Center, almeno sei utenti su dieci dei maggiori social network non andrebbero alla ricerca di informazioni ma si imbatterebbero nelle news mentre impegnati in altri tipi di attività online. Ciò accade soprattutto su Facebook e Instagram. Gli utenti di LinkedIn e Twitter, invece, sarebbero i più propensi a fare della ricerca di news la loro attività primaria sui social.

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7. Poca fiducia nei confronti delle informazioni trovate online

Solo il 4% degli adulti americani si fiderebbe delle notizie lette sui social. I risultati del Pew Research Center sembrano smentire, in questo senso, anche i principali insight dell’Edelman Trust Barometer 2016 secondo cui sarebbe in aumento la fiducia nelle notizie condivise online, specie dalle proprie cerchie. A guardarli meglio, però, i dati in questione parlano di una generalizzata sfiducia dell’utente americano che considererebbe poco credibili persino le informazioni condivise da soggetti tradizionali come media locali e nazionali o da familiari e amici.

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8. Tante news, poco engagement

L’altra nota negativa è che, nonostante molti dicano di utilizzare i social come prima fonte di informazione, le interazioni con le news sono bassissime. Addirittura, appena il 26% degli utenti clicca sul link in questione. Le percentuali di interazione scendono drasticamente quando si considerano attività più “impegnative” come mettere mi piace alla notizia (16%), condividerla (11%) o commentarla (8%).

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9. Problemi di omofilia

Tanto si è detto a proposito dell’esposizione “parziale” garantita dai social. Come ha sottolineato qualcuno, infatti, sono ambienti confermativi per natura, in cui è più probabile entrare in contatto con opinioni simili alle proprie che con posizioni del tutto differenti. I dati del Pew Research Center sembrerebbero confermare almeno in parte questa ipotesi, specie per quanto riguarda l’informazione politica: democratici e repubblicani, infatti, ammettono di usare esclusivamente fonti “di parte” per informarsi online e sui social network, ma non vedono in questo alcuna criticità.

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10. I social orientano le opinioni politiche

Tre americani su dieci dichiarano di leggere abitualmente i post dei candidati alle presidenziali americane del 2016 e di utilizzarli per farsi un’idea di voto. Ciò non vale solo per i più giovani (il 37% degli elettori tra i 18 e i 29 anni dice di utilizzare i social come unico mezzo di informazione politica), ma anche per gli elettori più anziani. È la prima volta che i social content vincono su materiale elettorale più tradizionale come il sito ufficiale o la newsletter .

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