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C'è un nuovo sito di Trump, ma non è il social network proprietario che la destra estrema americana sta aspettando

Nuovo sito di Trump: è il social che tutti aspettavano?twork

Si chiama From the Desk of Donald J. Trump e il politico lo sta usando per fare dichiarazioni pubbliche o commentare i fatti del giorno; al momento non c'è possibilità di interazione con i lettori ed è proprio questo che fa pensare che non si tratti ancora del tanto chiacchierato social network proprietario con cui Trump aggirerà il ban dalle maggiori piattaforme digitali.

Si chiama From the Desk of Donald J. Trump, è stato lanciato il 4 maggio 2021 e ha subito portato molti a credere che si trattasse del tanto chiacchierato social network di proprietà di Trump, lo stesso che era stato annunciato già all’indomani del ban dell’ex presidente repubblicano dalle principali piattaforme digitali dopo gli scontri di Capitol Hill e di cui il suo entourage è tornato a parlare più di recente sui media americani come «the next big thing» in arrivo entro due o tre mesi a sconvolgere il panorama dei servizi per il social networking. Eppure, a guardarlo adesso, questo nuovo sito di Trump sembra tutto tranne che rivoluzionario.

Che cos’è From the Desk of Donald J. Trump, il nuovo sito di Trump

Commentando la notizia della nuova piattaforma di comunicazione “made in Trump” con la BBC, un’analista di The New York Times ha usato la metafora di un ritorno al 2002, alla prima era del web sociale, quando un blog era effettivamente il modo più inedito per restare in contatto con le proprie community.

nuovo sito di Trump cos'è

Con i post ordinati cronologicamente dal più recente al meno recente, i bottoni per la condivisione social e poche altre aree navigabili, From the Desk of Donald J. Trump sembra anche graficamente molto simile a un vecchio blog. Fonte: From the Desk of Donald J. Trump

Anche visivamente, del resto, il nuovo sito di Trump poco ha di diverso da un qualunque blog in WordPress. Al suo interno i post sono ordinati cronologicamente dal più recente al meno recente, anche se vi è una piccola incongruenza temporale: sebbene ufficialmente From the Desk of Donald J. Trump sia stato lanciato solo il 4 maggio 2021, i primi post risalgono già al 24 marzo. Vi sono, inoltre, poche altre aree attive che portano allo shop del merchandise ufficiale della campagna repubblicana, a un form da cui fare delle donazioni a favore della stessa o a un altro da cui sottoscrivere il nuovo prodotto editoriale di Trump per ricevere notifiche a ogni nuovo aggiornamento.

Aggiornamenti che, fin qui, sono stati soprattutto brevi dichiarazioni sui principali fatti di cronaca del giorno dell’ex presidente Trump; uno degli ultimi post, datato 11 maggio 2021, è per esempio un paragone tra la proposta avanzata dal governo inglese che si possa votare solo con un documento valido e dotato di fotografia e la cosiddetta Voter ID Law proposta a suo tempo dall’amministrazione repubblicana.

Presenti, inoltre, sunti di comunicati stampa, come quelli che il politico e il suo staff non hanno mai smesso in questi mesi di inviare a testate e media company di tutti i paesi. La BBC avrebbe riscontrato tra i contenuti postati sul nuovo sito di Trump anche alcune delle stesse notizie infondate o manipolate che più volte erano stato oggetto di debunking durante la campagna elettorale per le presidenziali americane 2020 e che, tra l’altro, erano costate a Trump la prima segnalazione da parte di Twitter.

Sulla nuova piattaforma il politico non sembra rinunciare neanche alla solita narrativa, già sentita anche durante la “guerra” di Trump contro TikTok per esempio, di un «bias democratico» di cui le tradizionali piattaforme digitali sarebbero portatrici: nel videopost di lancio, infatti, il nuovo sito di Trump viene presentato come «un faro di libertà», «in un’era di silenzio e bugie» e accuse e bersagli sono tutto tranne che velati.

from the desk of donald j. trump

C’è un video di presentazione del nuovo sito di Trump che allude al presunto bias anti-repubblicano di cui le piattaforme digitali sarebbero portatrici e alla necessità di luoghi virtuali sicuri e liberi, dove ciascuno possa dire la propria: è una retorica spesso usata da Trump dopo il ban dalla maggior parte dei servizi in Rete. Fonte: From the Desk of Donald J. Trump

Al momento c’è davvero poca possibilità di interagire direttamente con gli elettori; forse ciò rappresenta la principale ragione per cui Trump aveva eletto subito Twitter proprio social network preferito.

I visitatori al momento possono solo mettere like ai post del politico o condividerli, attraverso gli appositi bottoni social proprio come in un blog, sui propri account Twitter o Facebook. Non possono invece commentare o interagire tra di loro e non è detto che in futuro sia data loro questa possibilità, anche prevedendo a monte un meccanismo di registrazione per esempio o di social login.

Perché non può essere questo il tanto discusso social network proprietario di Trump

Nonostante lo scetticismo che continua a esserci nei confronti del progetto di Trump di lanciare una propria piattaforma social – che avrebbe consistenti costi di gestione e per cui potrebbe non essere facile trovare advertiser disposti a investire o altri metodi per vendere i dati raccolti dagli utenti – gli addetti ai lavori concordano nel ritenere che From the Desk of Donald J. Trump non è ancora il tanto discusso e atteso, almeno dalla destra radicale americana, social network di Trump. Ciò ancora prima che il consigliere senior del repubblicano, Jason Miller, ne desse conferma ufficiale e sottolineasse che la piattaforma in arrivo sarà davvero «grande».

Il lancio del nuovo sito di Trump, insomma, sembra a ben guardare l’ennesima mossa per continuare a nutrire attenzione e visibilità mediatica verso l’ex presidente e i temi caldi della sua agenda.

Il nuovo sito di Trump è soltanto uno stratagemma per aggirare il ban da Facebook e co.?

C’è un aspetto in particolare nella vicenda della nuova “scrivania digitale” di Trump che sembra destare qualche sospetto. Che succederebbe, infatti, se chi visita From the Desk of Donald J. Trump usasse i bottoni per la condivisione su Facebook o su Twitter di fatto per repostare pedissequamente ogni messaggio dell’ex presidente ed emularne la presenza anche negli ambienti da cui è ufficialmente depiattaformizzato? È quello che si è chiesto Politico nell’articolo “Why Trump’s new blog could lead to more social media takedowns” e che, soprattutto, ha provato a chiedere ad alcuni responsabili di Twitter e Facebook.

Dopo la grande depiattaformizzazione di Trump a gennaio 2021 a seguito degli scontri a Capitol Hill e per il pericolo, ritenuto allora concreto dai gestori, che le sue parole potessero incitare alla violenza, Twitter e Facebook sono stati impegnati a evitare il mirroring, cioè che anche chiuso l’account ufficiale dell’ex Presidente i suoi messaggi continuassero a essere amplificati da una rete di profili fake o di account a questo vicini (come quello della nuora Lara Trump, effettivamente oggetto di alcune restrizioni da parte di Facebook dopo la condivisione di un video essenzialmente identico nel contenuto a quelli controversi sui risultati delle elezioni del 3 novembre 2020 che hanno portato al ban di Trump).

Il problema si potrebbe riproporre, insomma, identico e amplificato con il nuovo sito di Trump ma le piattaforme dovrebbero essere in questo caso più consapevoli e pronte a intervenire.

Facebook ha confermato il ban di Trump

Le discussioni attorno al nuovo sito di Trump e al dubbio se si tratti o meno del tanto annunciato social network dell’ex presidente repubblicano sono arrivate, tra l’altro, nello stesso momento in cui Facebook ha confermato la sospensione degli account di Trump.

Qualche tempo fa, mentre sui media rimbalzavano le parole dell’head of Instagram Adam Mosseri secondo cui il ban del politico fosse un precedente indesiderabile tanto quanto necessario e, soprattutto, mentre Twitter decideva di rendere perenne il ban di Trump, valido cioè anche se il repubblicano dovesse decidere di ricandidarsi in futuro alle presidenziali americane, Zuckerberg rimetteva infatti la questione al Comitato per il controllo, un neonato organo autonomo incaricato di decidere su vicende controverse come queste e che rischiano di minare trasparenza e accountability delle scelte di Menlo Park.

Il board si è espresso il 5 maggio 2021, sostenendo la legittimità della sospensione della pagina Facebook e dell’account Instagram di Donald Trump sulla base del fatto che, nella particolare cornice di quelle ore, le sue stesse parole rischiavano di «legittimare la violenza» e creare «un imminente e pericoloso rischio».

Dallo stesso Comitato vengono, però, parole di biasimo per la piattaforma: la sospensione degli account «a tempo indeterminato» com’è stata comminata a Trump non è attualmente prevista da linee guida e standard di comunità che si applicano a tutti gli iscritti ai servizi di Facebook; per i contenuti violenti o che incitano alla violenza è previsto il blocco o la sospensione degli account, ma solo per un tempo predefinito o, in alternativa e come misura più grave, la cancellazione degli stessi.

Per questo ora Facebook ha sei mesi di tempo per intervenire in maniera «chiara e proporzionata» sulla questione e, cioè, per decidere se gli «utenti influenti» che violano le policy della piattaforma debbano essere trattati allo stesso modo degli utenti comuni o si debbano prevedere in questi casi iter aggravati dal maggiore potere di influenza che gli stessi hanno o semplicemente dalla maggiore visibilità di cui godono i loro messaggi.

Più volte, però, quando ha annunciato che non sarebbe più stato fatto fact-checking sui post Facebook dei politici o quando Facebook ha scelto di non oscurare il post di Trump sul voto via posta già segnalato su Twitter come «infondato», Zuckerberg ha fatto vanto di non ergersi a «arbitro della verità» e di trattare personaggi pubblici e di rilievo esattamente come gli utenti comuni.

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