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Come pandemia e lockdown hanno accelerato alcuni trend tecnologici e quali saranno quelli post coronavirus

Come pandemia e lockdown hanno accelerato alcuni trend tecnologici e quali saranno quelli post coronavirus

Lockdown e misure di contenimento hanno accelerato alcune tendenze tech: Accenture prova a immaginare i trend tecnologici post coronavirus.

Per più di una persona su due la tecnologia gioca «un ruolo prominente» ed «è radicata in ogni aspetto» della vita quotidiana. Il lockdown e le misure di contenimento del contagio adottate dai diversi paesi, così, hanno solo mostrato nei fatti la tanto discussa interdipendenza uomo-macchina e come le seconde siano ormai vere e proprie «estensioni» – sensoriali, di mcluhaniana memoria – per degli «individui post-digitali». Come per le aspettative dei consumatori nei confronti delle aziende nella fase 2, per i trend di consumo post-pandemia e le rivoluzioni che la stessa porterà in diversi settori, dalla moda ai viaggi e al beauty, è interessante allora chiedersi quali saranno i trend tecnologici post coronavirus: il Tech Vision 2020 di Accenture prova a rispondere proprio a questa domanda.

Le persone al centro dei principali trend tecnologici post coronavirus

Le aziende tech, e chiunque voglia sfruttare i benefici della tecnologia per il proprio business, non possono più utilizzare «copioni vecchi di decenni», ma è necessario che rendano «più umana» e affine alle aspettative delle persone, aspettative che peraltro loro stessi hanno contribuito a creare, la trasformazione tecnologica.

Non a caso, per descrivere i trend tecnologici post coronavirus, Accenture ha coniato l’espressione «I in experience». Già oggi e più ancora in futuro i consumatori pretenderanno, cioè, esperienze estremamente personalizzate e collaborative nel senso più pieno del termine: per le aziende questo significherà sicuramente continuare a usare dati e analitiche a propria disposizione per rendere su misura l’esperienza di brand , ma farlo in maniera più trasparente, per ogni fase del customer journey – o, meglio, per ogni micro-momento durante il quale possa prendere forma la decisione d’acquisto – e, soprattutto, sfruttando a proprio vantaggio anche tecnologie come realtà aumentata e 5G.

Molto potrà fare anche l’intelligenza artificiale, a patto però che la stessa venga trasformata in «uno strumento di collaborazione con le persone»: non basta più, cioè, un semplice sistema di comandi e risposte tra uomo e macchina, com’è stato fin qui quello dei chatbot per esempio, ma serve sfruttare gli straordinari progressi fatti nel machine learning per allenare le intelligenze artificiali a riconoscere e interpretare il contesto (fisico, di una conversazione tra consumatore e addetto alla customer care , ecc.) e costruire, così, un’esperienza davvero interattiva, adattabile e, ancora una volta, su misura; non a caso il Tech vision 2020 ha riassunto questo trend tecnologico post coronavirus nell’espressione «AI and me», «l’intelligenza artificiale e io». Se è vero, insomma, che il 73% delle aziende ha già adottato sistemi di AI in almeno un processo aziendale, l’età matura dell’intelligenza artificiale verrà quando i bot usati in campo medico, per esempio, condivideranno automaticamente le informazioni con il personale medico-ospedaliero di riferimento e, grazie a queste, l’assistenza al paziente sarà più rapida, efficace, di qualità. Sembra tempo di parlare, insomma, di extended reality (o XR).

Dagli oggetti connessi ai robot, perché l’innovazione tecnologica sarà la nuova normalità

Restano floride anche le previsioni nel campo dell’ internet of things , che entro il 2026 dovrebbe raggiungere un valore di mercato di oltre il trilione. Oggetti connessi e dispositivi intelligenti, del resto, potranno aiutare a meglio contenere nuovi focolai o rischi d’infezione. Chi lavora con l’IoT, però, dovrà imparare a fare i conti con esigenze e aspettative dei consumatori piuttosto volatili e in continuo cambiamento: plasticità e reattività al mercato saranno indispensabili, insomma, ai soggetti che operano nel settore e la prospettiva da adottare sembra essere essere quella del «forever beta».

Le innovazioni nel mondo della sensoristica e nel riconoscimento linguistico e, insieme, la riduzione dei costi delle componenti hardware potrebbero far sì che il futuro prossimo sia anche un futuro di «robots in the wild». Con questa metafora Accenture ha incluso tra i trend tecnologici post coronavirus la sempre maggiore disponibilità anche per i consumatori finali, e nella vita di tutti i giorni cioè, di sistemi robotici: oltre il 60% di chi occupa una posizione esecutiva in più di venti settori diversi è convinto che questa uscita dei robot fuori dallo spazio controllato dei laboratori potrebbe avvenire già entro due anni. Prima e perché ciò avvenga bisognerebbe prevedere soluzioni condivise con i decisori politici, per esempio, e che abbiano a che vedere con i grandi temi di sicurezza e tutela della privacy: per un 48% delle persone convinte che i robot possano rendere più facili le giornate, infatti, c’è un 39% del campione che reputa «problematico» l’arrivo in massa in società dei robot.

Per affrontare la ripresa e rimanere competitive nella nuova normalità, le industrie avranno bisogno, insomma, di fare dell’ innovazione tecnologica una componente del proprio DNA. Ossia poter contare su asset tecnologici avanzati non sarà più un vantaggio ma sarà, piuttosto, un’esigenza: il 76% dei dirigenti del campione Accenture ne è convinto e, soprattutto, il modello da adottare secondo la società di consulenza sarà quello del DARQ, acronimo di “distributed ledger tech, AI, XR e quantum computing”.

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