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App marketing: caratteristiche, fasi e modelli

L'app marketing non è un territorio inesplorato per un web marketer: quali le similitudini tra due mondi che appaiono sempre più connessi?

In un mondo in cui gli utenti trascorrono sempre più tempo consultando app dal proprio smartphone e la retention e il consumo di app è in costante aumento, l’app marketing rappresenta uno scenario di innovazione e cambiamento particolarmente impegnativo per ogni web marketer formatosi negli ultimi dieci anni. Non si tratta di un territorio completamente inesplorato, né di un percorso inedito: perché tra app e web marketing esistono molteplici similitudini. 

Basti pensare ad alcune delle più comuni metriche su cui impostare i kpi : gli user di un’app non sono altro che i visitatori di un sito web, vale a dire gli utenti che utilizzano in maniera costante e interattiva un’app anziché limitarsi a visitarla; le sessioni di un’app, dall’apertura alla chiusura, sono assimilabili alle visualizzazioni di pagina; gli screen – ciò in cui gli user navigano all’interno di un’app – sono le pagine di un sito; la lunghezza di una sessione è l’equivalente del time on site, mentre gli eventi sono l’equivalente delle conversioni, vale a dire le azioni considerate rilevanti compiute dagli utenti che fruiscono di un’app. Esiste una vasta gamma di eventi da tracciare per monitorare il grado di engagement generato da un’app: dalla visualizzazione di un certo prodotto o di un video ai commenti, fino al check-out. La target audience utilizzata nel web marketing, pur con alcune differenziazioni, trova il suo alter-ego nell’user segment, ossia la definizione di gruppi di utenti basata su caratteristiche, interessi o azioni condivise.

Un tipico caso di user segment è identificato determinando il range di tempo in cui gli user fruiscono di un’app, il primo evento generato, come ad esempio la condivisione di un articolo, e un possibile secondo evento (generalmente imputabile a forme di engagement e condivisione più avanzate come l’invio di un articolo a un amico via email): l’obiettivo è creare dei cluster che identifichino il livello di utilizzo dell’app da parte degli utenti in base agli eventi generati: dall’acquisto alle condivisioni, dalla generazione di lead al rilascio di recensioni. È essenziale che i criteri di determinazione di uno user segment siano simili a quelli di definizione della target audience, soprattutto per quanto concerne la creazione di buyer personas con specifiche caratteristiche socio-demografiche e comportamenti.

Continuando con le similitudini, la ASO (app store optimization) nell’app marketing svolge la stessa funzione della seo , così come l’individuazione di un funnel di azioni/eventi tra di loro connessi e che conducono a una determinata azione nel web marketing prende il nome di web funnel, nell’app marketing diventa app funnel, ma risponde alle stesse logiche. La differenza sostanziale tra un web funnel e un app funnel risiede nel fatto che il primo è basato essenzialmente sui contenuti e orientato al lead attraverso un processo di qualificazione dell’utente; l’app funnel è invece basato su una serie di app event. Per questo si può generare una vasta gamma di funnel in base ai singoli eventi generati dagli user e alle differenti azioni di conversione. E, ancora, le notifiche push o in-app, invece, svolgono la medesima funzione di re-engagement e di lead nurturing svolta dall’email emarketing; gli opt-out indicano il numero di utenti che disabilita le notifiche push e, di fatto, equivalgono all’email unsubscribe.

App marketing: caratteristiche, fasi e modelli da applicare

Il territorio in cui si evidenziano maggiori differenze tra app e web marketing è quello dei contenuti. Il motivo di una simile differenziazione è innanzitutto strutturale: un sito web è un hub di contenuti e informazioni; un’app non può contenere in sé un blog o una serie di paper o webinar perché risponde a una logica funzionale e contenutistica differente. Non solo: la pubblicazione di un contenuto su un sito web è generalmente fruibile da tutti gli utenti; le app consentono invece un’opera di segmentazione ben più raffinata, basata non solo sulle caratteristiche di gruppi specifici ma anche su specifici eventi compiuti dai singoli user. Questa peculiarità si traduce in un notevole potenziamento della personalizzazione del messaggio e nel passaggio dal content al context marketing. Basti pensare alla differenza che intercorre tra un articolo oppure una email inviata a un cluster di clienti prospect da un sito web e una notifica push o un messaggio in-app a un segmento di user che hanno compiuto uno specifico evento in app.

È sulla base di queste considerazioni che non si può non rilevare una continuità tra app marketing e web marketing: se i siti web tradizionali aiutano le imprese e i brand a fornire informazioni precise e a collezionare dati rilevanti sui propri visitatori, le app sono indispensabili a costruire connessioni e a ricavare preziosi insight attraverso un’esperienza intuitiva, efficiente e sempre più personalizzata.

Ed è proprio l’esperienza onboarding che permette il passaggio da utente a cliente fedele. Il mercato delle app è nel complesso ipercompetitivo e in rapida maturazione. Su di esso influiscono le tendenze e il livello di qualità si sta alzando tanto da diminuire il divario fra app di scarsa qualità e app di buona qualità. La differenza viene invece ancora marcata dalla capacità di «guadagnare visibilità all’interno degli store. Ormai ci sono 4 milioni di app su Play Store e 2 milioni di app su Apple Store quindi – dichiara Vladimiro Bilancetti nel corso di un’intervista rilasciata ai nostri microfoni durante Mashable Social Media Day Italy 2018 – le chance di essere raggiunti dalla giusta utenza sono ridotte allo zero. La prima cosa da fare è avere un tool che possa mettere a disposizione quelle precise tecniche per poter fare app store optimization e guadagnare il giusto ranking all’interno dello store. La seconda cosa è andare a lavorare su campagne social: chi non genera contenuti di qualità su piattaforme come Facebook e Instagram rischia di finire fuori dal mercato. Infine, man mano che si vuole far crescere la propria customer base, si possono ampliare le proprie azioni di user acquisition e customer engagement su altri canali che possono essere search, influencer o content paid».

L’AARRR funnel nel mobile app marketing

A sottolineare le similitudini con il web marketing, anche nel caso del mobile app marketing possiamo individuare il modello di funnel di Dave McClure. L’AARRR, acronimo delle fasi che lo compongono rappresentando la capacità di trasformare i visitatori in clienti, è un modello composto da cinque metriche:

  • Acquisition
    La fase di acquisizione riguarda le attività che spingono le persone a scoprire e scaricare l’app. Le metriche utilizzate in questa fase sono relative al numero di download, al numero di installazioni e alle visite alla pagina di prodotto dell’app ( landing page dedicata sul web e pagina nello store monitorabili attraverso Google Analytics). I driver principali sono invece il posizionamento dell’app all’interno dello store attraverso tecniche ASO, il numero e il sentiment che emerge dalle valutazioni e dalle recensioni, le attività di marketing e l’advertising a pagamento.
  • Activation
    Una volta scaricata l’app, per entrare nella fase di attivazione l’utente deve utilizzarla. Il modo più comune per misurare l’activation è attraverso le registrazioni. Esistono due tipologie di metriche e sono relative alla richiesta o meno di registrazione da parte del proprietario dell’app. Se l’utente deve registrarsi per poter utilizzarla, viene monitorato il numero di registrazioni. Se l’utente non deve registrarsi, le metriche utilizzate sono la durata della sessione, il numero di schermate lanciate per singola sessione e il numero di persone che continuano a utilizzare l’app dopo 24 ore dall’installazione. La presenza di una procedura di registrazione può essere semplificata con un driver come la one-step registration e di conseguenza con la presenza di un flag che permette di accedere attraverso le credenziali dei social.
  • Retention
    In questa fase del funnel si misura la capacità di far tornare l’utente a riutilizzare l’app. Si monitora solitamente su base mensile e il rapporto fra i MAU, acronimo di monthly active user, e il numero di download rappresenta insieme alla frequenza di sessione il coinvolgimento che l’app è capace di generare nei confronti degli utenti. I principali driver sono la comunicazione proattiva, le campagne di fidelizzazione , notifiche e annunci di re-engagement.
  • Referral
    Se gli utenti apprezzano l’app, la consigliano attraverso il passaparola ed eccoci nella quarta fase del funnel. Da un punto di vista delle metriche è un po’ più impegnativa, ma esistono strumenti di listening per la misurazione dei referral e del social buzz. I driver per incrementare il passaparola sono principalmente quelli che facilitano la condivisione e semplificano il numero di passaggi per poterla effettuare come ad esempio i pulsanti incorporati o i programmi di condivisione con incentivi.
  • Revenue
    Ultima fase del funnel è anche l’obiettivo finale delle campagne di mobile app marketing: le entrate provenienti dall’abbonamento a un’app o dalla vendita degli spazi pubblicitari. In entrambi i casi ci sono diverse metriche per misurare la redditività di un’app e fra queste la misura delle sottoscrizioni, la misura delle transizioni in-app e il valore dei profitti pubblicitari.
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