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Per coinvolgerla efficacemente i brand del lusso devono conoscere la Generazione Z: da KANTAR alcuni insight

Nello studio “Luxury Fashion Digital Touchpoints & Gen-Z” KANTAR individua i canali su cui è più semplice ingaggiare la Generazione Z, non senza soffermarsi su come i giovanissimi vivono il proprio rapporto con il lusso.

Nello studio “Luxury Fashion Digital Touchpoints & Gen-Z” KANTAR individua i canali su cui è più semplice ingaggiare la Generazione Z, non senza soffermarsi su come i giovanissimi vivono il proprio rapporto con il lusso.

Hanno oggi tra i dieci e i venticinque anni, rappresentano circa il 10% della popolazione italiana e, forse più delle generazioni precedenti, hanno un proprio “S.T.I.L.E.” molto preciso. L’acronimo è usato da KANTAR per sintetizzare i valori chiave per la generazione z , che si rivelano anche i driver più funzionali ed efficaci da sfruttare quando, da brand , si desidera interagire con chi ne fa parte. Se già altri studi nel tempo hanno provato a indagare come questi giovanissimi consumatori si approcciano al food, ai viaggi, alla finanza, all’ industria culturale , ai consumi digitali, il focus di “Luxury Fashion Digital Touchpoints & Gen-Z” è questa volta il rapporto tra Gen Z e lusso.

Attenta all’ambiente e a numerose cause sociali, cosa la Generazione Z si aspetta dai brand

Pragmatici più di quanto non lo fossero alla loro età i genitori, i membri della Generazione Z mirano a raggiungere importanti successi a livello personale e a distinguersi dagli altri (è così rispettivamente per il 73% e il 75% del campione). A voler usare una formula riassuntiva, come fa KANTAR, la loro è una “stand up/out generation” e, guardando ai consumi, ciò si traduce nella preferenza accordata soprattutto a quei brand che con i propri prodotti o servizi e più in generale con la propria storia, la propria filosofia e la propria mission aziendale si mostrano devoti alle cause che stanno più loro a cuore.

Non è un caso così che, da Gucci a Balenciaga, i brand del lusso sempre più spesso fanno brand activism , scegliendo quindi un purpose, come la pace durante le ultime Settimane della moda cadute in concomitanza con lo scoppio della guerra in Ucraina, e provando a sostenerlo con nel loro quotidiano.

Non c’è niente di più deleterio nell’interfacciarsi con un pubblico di giovanissimi, infatti, che veicolare messaggi inconsistenti o, peggio, incoerenti con la propria identità di brand. Tra i valori che la Generazione Z apprezza di più ci sarebbero, non a caso, onestà e autenticità (citate rispettivamente dall’87% e dal 74% del campione).

Questa trasparenza – da cui la lettera “T” nell’acronimo S.T.I.L.E. individuato da KANTAR come formula per descrivere il rapporto tra Gen Z e lusso – si traduce concretamente nella volontà di conoscere, prima di acquistarli, da dove provengono capi e accessori, chi li produce, in che condizioni. Più di un giovane italiano su due, stando al campione dello studio, preferirebbe comprare capi e accessori che trasmettano «un senso di tradizione e storia» e, più in generale, i giovanissimi sarebbero disposti oggi a pagare di più per oggetti capaci di durare nel tempo (è un aspetto citato dell’82% del campione) o che siano fatti a mano e abbiano una storia e un’eredità alle spalle (è così per il 57% del campione).

Per quasi il 60% degli intervistati è importante, ancora, che le aziende da cui acquistano non siano solo rispettose di inclusione e diversità, ma le promuovano grazie a collezioni e cataloghi di prodotti e accessori, nel caso del lusso, capaci di aiutare chi li indossa a esprimere al meglio se stesso e sentirsi a proprio agio nel farlo e a condividere con il resto del mondo la propria unicità.

Non stupisce, così, che una buona fetta di luxury brand abbia declinato l’inclusività in collezioni genderless, singoli item personalizzabili e da accostare per un effetto eccentrico e senza uguali, un più vasto assortimento di taglie, misure e palette di colori, campagne pubblicitarie e di comunicazione che celebrano la bellezza autentica e show davvero rappresentativi per tutti.

Non si può parlare di Gen Z e lusso, però, senza citare almeno l’importanza che ha oggi per i più giovani sfruttare ogni possibile occasione per imparare qualcosa di nuovo (è una priorità per l’86% del campione, riassunta dalla lettera “L” di “learning” nell’acronimo S.T.I.L.E.). Per farlo i giovanissimi sfruttano ambienti digitali come i social network , come lo è anche il metaverso , che è non a caso sempre più popolato da luxury brand. Più in generale, abituati come sono a vivere “ onlife ”, i giovanissimi pensano anche le proprie esperienze formative come esperienze phygital e caratterizzate, cioè, da un sapiente mix di fisico e digitale.

Tra gli insight che la maggior parte degli studi sulle abitudini di consumo della Generazione Z condivide c’è quello che vorrebbe i suoi membri disposti a spendere di più per un prodotto o servizio con un impatto ridotto sull’ambiente (è così anche per più di un consumatore lusso su due tra quelli intervistati da KANTAR e da qui nasce la “E” di “environment” nell’acronimo S.T.I.L.E.). Ciò si traduce, guardando più da vicino al mercato del lusso, in operazioni di green marketing dalla natura più disparata, in iniziative e programmi di corporate social responsibility con cui le aziende provano a compensare – almeno in parte – l’impatto ambientale delle proprie attività di routine, ma anche nel proliferare di collezioni sostenibili e realizzate con materie prime di recupero e zero waste e nel successo del second hand.

Gen Z e lusso: quali canali assicurano maggiore coinvolgimento

Conoscere le abitudini e cosa muove, ancor prima, la Generazione Z all’acquisto può tornare utile a marketer e aziende per definire meglio i diversi aspetti dell’esperienza di brand o, per esempio, quali touchpoint risultino più efficaci per coinvolgere questi giovani consumatori. È questo l’ultimo aspetto indagato da Kantar in “Luxury Fashion Digital Touchpoints & Gen-Z”.

gen z e lusso touchpoint più ingaggianti

La top ten dei canali più ingaggianti per l’industria del lusso si apre con la pubblicità sulla carta stampata (che ha un tasso di engagement dell’11% contro una media del 6.1% dei diversi canali), gli advertorial e i fashion event. Gli ultimi funzionano soprattutto nel coinvolgere gli acquirenti con una disponibilità di spesa medio-alta. Nessuno tra i touchpoint citati è, invece, quello che garantisce più engagement presso un pubblico giovane com’è quello della Gen Z che risulta maggiormente coinvolto invece online, sui social media e quando si progettano campagne con gli influencer .

luxury brand con più engagement

L’analisi di Kantar su Gen Z e lusso scende più nel dettaglio, infine, a individuare i luxury brand che hanno ottenuto risultati migliori sfruttando diversi punti di contatto per raggiungere acquirenti di età diverse. Gucci e Dior sembrerebbero tra le firm più “intergenerazionali”, capaci come sono stati di raggiungere pubblici anagraficamente molto vari e su canali molto diversi. Prada ha raggiunto la Generazione Z soprattutto tramite contenuti brandizzati e negli store, mentre D&G è tra i brand che più hanno sfruttato il word of mouth per coinvolgere soprattutto un pubblico di giovanissimi.

Ogni social ha, ancora, il proprio campione di engagement: su Facebook c’è Valentino, su TikTok Brunello Cucinelli. Tra le diverse piattaforme proprio l’app cinese delle challenge, dei balletti e delle lip-sync è quella che, insieme a Instagram, fa la differenza quando si tratta di possibilità di coinvolgere una fetta giovane di pubblico, tanto da spingere gli addetti ai lavori a parlare di una vera e proprio TikTok Couture, un’alta moda che vive principalmente su TikTok.

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