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Il gruppo Inditex (proprietario di Zara) chiuderà 1200 negozi e punterà sull'online. Cambiamenti simili anche per altri retailer

inditex (proprietario di Zara) chiuderà 1200 negozi

Inditex (proprietario di Zara) chiuderà 1200 negozi. Anche Victoria's Secret nella lista di retailer che annunciano la chiusura di store.

Il piano per il futuro prossimo di uno dei giganti del fast-fashion, ovverosia Zara, è puntare sull’ ecommerce . A dare una forte spinta a questa decisione del gruppo spagnolo è stata la pandemia da coronavirus che ha imposto dure sfide al mondo del retail , portando a numerosi cambiamenti nei diversi settori. In particolare, per quanto concerne il settore della moda, non sono mancati i tentativi di adattamento alla crisi da parte dei brand di tutto il mondo. Dinanzi a grandi perdite, però, molte aziende hanno intrapreso dei cambiamenti notevoli: tra questi, per esempio, il gruppo Inditex (proprietario di Zara) chiuderà 1200 negozi nei prossimi due anni.

il gruppo Inditex (proprietario di Zara) chiuderà 1200 negozi: gli effetti della pandemia e la spinta VERSO L’online

Con la chiusura temporanea dell’88% dei negozi fisici, Inditex ha subito un crollo del 44% delle vendite in-store, nel primo trimestre del 2020 (con una perdita netta di 409 milioni in quel periodo). Parallelamente però, come si legge in un comunicato, l’azienda ha visto le vendite online salire del 50% nello stesso periodo e del 95% solo nel mese di aprile. L’annuncio della chiusura di oltre mille store è accompagnato dalla notizia relativa ai piani del brand di investire circa 1 miliardo di dollari, nei prossimi tre anni, nella propria piattaforma eCommerce, su cui la multinazionale puntava comunque da molto. L’aspettativa del gruppo, detentore di marchi quali Bershka, Stradivarius e Massimo Dutti, è che per il 2022 le vendite online rappresentino il 25% del giro d’affari (rispetto al 14% del 2019).

Un altro annuncio interessante riguarda invece la cifra (1,7 miliardi di dollari) che verrà destinata all’ottimizzazione dei negozi fisici di Zara, in modo da renderli perfettamente integrati con la piattaforma online. Si tratta di un obiettivo al quale il gruppo lavora già da diverso tempo, considerando peraltro che già nel 2018 aveva manifestato il proprio impegno nello sviluppo per i negozi di un modello di vendita che prevedesse la perfetta integrazione tra l’esperienza online e quella in-store.

Verso un nuovo concept di negozio: l’integrazione tra mondo online e offline

A questo proposito, l’attuale presidente e CEO di Inditex, Pablo Isla, ha spiegato che le decisioni e la strategia annunciate recentemente dal gruppo rappresentano l’apice di un progetto al quale l’azienda sta lavorando dal 2012, come si legge nel comunicato, pubblicato il 10 giugno sul sito di Inditex: «Lo scopo prioritario, per il 2022, è quello di accelerare la piena implementazione del nostro concept di store integrato, guidato dalla capacità di offrire ai nostri clienti un servizio privo di interruzioni indipendentemente da dove si trovino, dal dispositivo e dal momento della giornata».

Partendo da questo obiettivo, il gruppo intende mantenere un numero di negozi compreso tra 6700 e 6900 (dai 7412 attualmente presenti in tutto il mondo). L’idea sarebbe quella di aprire 450 nuovi punti vendita dotati di tutta la tecnologia necessaria ad avviare il nuovo concept di store che Inditex ha sviluppato e chiudere circa 1000/1200 punti vendita più piccoli: secondo l’azienda verranno chiusi principalmente dei negozi più vecchi, appartenenti probabilmente ad altri brand e non Zara (anche se non è stato specificato di quali marchi si tratti, tra quelli di proprietà del gruppo). Per quanto riguarda il mercato europeo, inoltre, l’azienda ha dichiarato che la priorità è quella di consolidare la «perfetta integrazione tra il mondo fisico e quello digitale».

Altri retailer che hanno deciso di chiudere degli store

Durante la pandemia da coronavirus, Inditex non è stata l’unica azienda a decidere di chiudere degli store: nella lunga lista c’è anche Victoria’s Secret, che ha annunciato l’intenzione di chiudere 251 negozi negli Stati Uniti e in Canada, nel corso di quest’anno (la maggior parte appartiene agli USA). In questo paese l’azienda possiede 849 negozi, di cui molti rimasti chiusi temporaneamente da marzo a causa del COVID-19.

Anche Guess ha ripensato la propria strategia per quanto riguarda i brick and mortar, decidendo di chiudere nei prossimi 18 mesi cento store negli Stati Uniti e in Cina, circa il 9% della propria rete di negozi, a livello globale. Come ha affermato Carlos Alberini, CEO dell’azienda, «la recente performance dei punti vendita e la domanda prevista nella nostra “nuova normalità” hanno reso molto chiaro che il nostro portfolio di negozi nel mondo può essere ottimizzato in modo tale da accrescere la profittabilità».

Sono poi tanti i brand, appartenenti a diversi settori, che hanno deciso negli ultimi tempi di chiudere definitivamente un gran numero di punti vendita: è il caso di Macy’s, storica catena di department store americana, che chiuderà 125 negozi, con l’annuncio dato a febbraio di rivedere il tipo di format che caratterizza i propri punti vendita, puntando su spazi più piccoli.

La notizia che Inditex (proprietario di Zara) chiuderà 1200 negozi e il forte investimento nella vendita online e nello sviluppo di un concept di store integrato non possono che alimentare il dibattito su quale sarà il futuro del retail nello scenario post coronavirus.

Da un lato, alcuni consumatori potrebbero nutrire un certo timore nel ritornare presso negozi fisici, così come la paura di una seconda ondata di contagi potrebbe ritardare ulteriormente il ritorno alla normalità; dall’altro lato, invece, molti consumatori, che hanno iniziato ad acquistare online o che hanno rafforzato questa abitudine potrebbero continuare a farlo, anche dopo la fine della pandemia. Ci sono, dunque, diverse di variabili che potrebbero far sì che l’impatto del COVID-19 sul settore del retail si riveli più profondo e duraturo. Se per Inditex forse la pandemia ha soltanto accelerato un cambiamento già in atto per quel che riguarda lo stravolgimento del proprio modello di vendita, per tanti altri retailer i mutamenti avvenuti negli ultimi mesi potrebbero (e forse dovrebbero) portarli a rivedere i propri modelli di business, tenendo conto di nuove esigenze e abitudini di consumo.

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