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Ascolti in radio durante il coronavirus: dal vecchio drive-time al nuovo sofa-time

ascolti radio durante il coronavirus

Cos'è successo agli ascolti radio durante il coronavirus? Il mezzo più legato da sempre agli spostamenti ha resistito al lockdown? E come?

Durante le settimane appena passate di lockdown, costretti a casa dalle misure di contenimento del contagio e con molto tempo libero in più, abbiamo aumentato il tempo speso su Internet, l’utilizzo di piattaforme per lo streaming televisivo, quello di servizi di messaggistica istantanea soprattutto che permettessero di fare videochiamate e, più in generale, moltiplicato i nostri consumi mediatici. Che è successo, però, agli ascolti radio durante il coronavirus?

Ascolti radio durante il coronavirus: una panoramica

Il dubbio è lecito, considerato che da anni i dati sulla radio in Italia ne vogliono l’ascolto strettamente legato al drive-time, quella fascia oraria mattutina o tardo-pomeridiana caratterizzata dagli spostamenti – in macchina, sui mezzi pubblici, eccetera – da o verso casa. Con più di un lavoratore su due che ha smesso di recarsi sul posto di lavoro dallo scorso 9 marzo e con quasi il 70% degli italiani che ha sensibilmente ridotto l’utilizzo dell’automobile nello stesso periodo, non c’è da stupirsi quindi che anche la radiofonia abbia sofferto del lockdown. A confermarlo è una ricerca di GFK per Tavolo Editori Radio (dal titolo “L’ascolto della radio ai tempi del covid-19”), secondo cui gli ascolti radio durante il coronavirus sono calati del 17% in totale: poco più dell’80% di chi ascoltava comunemente la radio prima dell’emergenza sanitaria ha continuato a farlo anche durante la quarantena e in queste settimane di serrate le radio avrebbero guadagnato appena il +2,4% di nuovi ascoltatori.
Buone notizie, invece, per i tempi di fruizione che nella maggior parte dei casi non sono cambiati (per almeno il 38% del campione) o sono leggermente aumentati (per il 33,5%) tra il prima e il dopo.

Casalinghi, multi-device, digitali sembrano così gli aggettivi più adatti per descrivere gli ascolti radio durante il coronavirus degli italiani. Il drive-time si è trasformato, per usare la stessa metafora di GFK, in un sofa-time: ossia, mentre è diminuita sensibilmente la percentuale di italiani che ascoltano la radio durante i tragitti in macchina (da oltre il 73% di prima dell’emergenza coronavirus a poco meno del 34%), è aumentata quella di chi ascolta la radio in casa (da circa il 48% a oltre il 70%).
Tanti – e di certo più variegati di prima, quando oltre un ascoltatore radio su due utilizzava l’autoradio – sono i device scelti dagli italiani per ascoltare la radio in casa: prevedibilmente spopola in questo periodo, e tra tutte le fasce d’età, la radio in TV (in crescita dal 19% di prima del lockdown a oltre il 26% durante), grazie alla radiovisione praticata ormai dalla maggior parte delle emittenti commerciali soprattutto; si riscoprono però anche i vecchi apparecchi radio conservati in casa (da poco più del 39% al 43%) e la funzione radio di cellulari e smartphone (dal 25% a oltre il 27%); anche smart speaker e assistenti vocali, va da sé, sono stati usati (da quasi il 6% del campione GFK) per l’ascolto di radio durante le proprie attività casalinghe da quarantena. In questo periodo è aumentato però soprattutto, di oltre il 60%, il tempo speso ogni giorno sui siti e sulle app delle radio, a indicare appunto che gli ascolti radio durante il coronavirus – confermando un trend, quello della trasformazione digitale della radiofonia, già evidente in tempi non sospetti – sono stati anche e soprattutto ascolti digitali.

Del tutto simile a prima della pandemia è, invece, la modalità d’ascolto: ossia, la radio continua a fare da sottofondo a (innumerevoli) altre attività quotidiane, tanto che poco più di un intervistato su cinque dice di aver ascoltato «più attentamente» la radio in quarantena e oltre il 66% dice di averlo fatto invece con la stessa attenzione di prima.
Se il lockdown ha cambiato abitudini e routine quotidiane dei più, però, anche gli ascolti radio durante il coronavirus hanno accompagnato attività atipiche, come l’attività fisica in casa (la percentuale di chi ascolta la radio durante i workout casalinghi è aumentata dal 7,7% del prima a quasi il 13%, anche e soprattutto in considerazione di quanto quest’ultimi siano diventati popolari), il lavoro da remoto (la percentuale di chi ha ascoltato la radio come sottofondo al proprio lavoro è aumentata da poco più del 5% ad almeno l’8%) o lo studio (di poco, ma sarebbe aumentata la percentuale di studenti per cui la radio fa da sottofondo a studio individuale o didattica a distanza).
In quarantena, in particolare per le fasce più anziane degli italiani, la radio è tornata a essere un passatempo tout court (almeno il 22% del campione GFK dice di averla ascoltata nei momenti di relax e come unica attività in queste settimane, percentuale che “prima” era di appena il 16%) e un modo per passare più tempo con la famiglia e i propri cari (anche in questo caso la percentuale è passata dall’8% all’11%).

Fa compagnia ed è degna di fiducia: cosa ha premiato la radio durante il lockdown

Non a caso gli ascolti radio durante il coronavirus sembrano averla (ri)incoronata come medium intimo e familiare: stando ancora a GFK, durante la quarantena, molti italiani (almeno il 62%) hanno considerato la radio «un’amica, sempre vicina e a supporto» e una fonte di «relax, allegria ed emozione» (quasi il 59%), mentre è aumentata sensibilmente (+33%) la percentuale di chi sente che la radio gli faccia compagnia, rallegri il suo umore durante la giornata (+32%) o lo rilassi (+29%).
Ascoltando la radio, più di quanto avvenisse prima dell’emergenza coronavirus, una fetta di italiani (almeno il 30% in più) si è sentita «più unita agli altri» e parte «degli sforzi collettivi» (+26) nella lotta al coronavirus. Forse un po’ a sorpresa, sono stati soprattutto i giovanissimi della generazione z e della generazione alpha a trovare compagnia e senso di relax nell’ascolto radiofonico.

Se in molti hanno continuato ad ascoltare la radio durante la quarantena soprattutto per i GR e per le trasmissioni di informazione e approfondimento, le buone notizie di questo periodo hanno riguardato anche la fiducia percepita del mezzo radiofonico: per oltre il 46% del campione GFK, circa il 15% in più rispetto al pre-pandemia, la radio è una fonte «credibile» e «degna di fiducia» perché «informa in maniera tempestiva e completa» e «permette di approfondire i temi del momento» (in entrambi i casi +8%).

Quanto alle informazioni trasmesse in radio e che riguardano più direttamente l’emergenza coronavirus, almeno il 36% di chi ha ascoltato la radio in quarantena si fida di notizie, aggiornamenti e informazioni trasmessi dalla propria emittente preferita o dal proprio speaker preferito – a dimostrazione che, sì, giocare sul personal branding in radio premia anche nella comunicazione d’emergenza – e la percentuale è più alta, di almeno il 41%, tra chi ha continuato a recarsi a lavoro, complice con ogni probabilità la minore possibilità di variare le fonti di informazione e di attingere a TV e giornali per esempio.
Con le radio italiane sempre più presenti e attive sui social, infine, più di un italiano su quattro non ha rinunciato a interagire con le sue emittenti preferite durante la copertura dell’emergenza sanitaria seguendone i profili social (lo ha fatto il 34,8% del campione) o i canali Youtube (30%) e inviando messaggi in diretta durante le trasmissioni (22,3%).

Non solo radio, il podcasting è un’attività da quarantena

Quando si parla di ascolti radio durante il coronavirus, però, non si può non far accenno anche al successo dei podcast , diventati passatempo in queste settimane di ridotta attività sociale per molti giovanissimi e non solo. Già nel pre-pandemia il podcasting si era rivelato un mercato florido in Italia: tra dicembre 2019 e marzo 2020, però, secondo Voxnest, l’ascolto di podcast in Italia è aumentato di almeno il 50%. Cambiano, va da sé, anche in questo caso i temi di maggior interesse degli italiani e si passa dall’ascolto massivo di podcast legati allo Sport a quello di podcast a tema Religione e spiritualità e Self-improvement e crescita personale soprattutto.

Non solo l’ascolto di podcast, però, il tempo libero in più a disposizione degli italiani avrebbe fatto aumentare anche produzione e condivisione dei podcast sulle principali piattaforme ad hoc: secondo la stessa rilevazione, solo nello scorso mese di marzo, ci sarebbe stato un boom di nuovi podcast completi a tema Tempo libero (+700%), Educazione e Società e cultura (+600%) ma, anche, Arte (+500%) e Libri (+400%). Il dato più curioso? Non si tratta semplicemente di podcaster di lungo corso che, complice più tempo a disposizione, hanno aumentato il numero di podcast prodotti, quanto anche di podcaster alle prime armi che durante la quarantena hanno deciso di provarsi in questa attività: sempre secondo Voxnest sulle principali piattaforme per podcast sarebbero aumentati, infatti, in questo periodo del +200% gli iscritti.

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