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Generazione Z: così i marketer scoprono un nuovo target “d’oro”

Generazione Z: così i marketer scoprono un nuovo target “d’oro”

Chi sono, come sono cresciuti e che gusti hanno i ragazzi della Generazione Z? E perché stanno diventano un nuovo target privilegiato?

Tanto si è detto, ormai, sui Millennial e le loro abitudini di consumo, qualche volta anche prendendone in considerazione aspetti “soft” come la provenienza da ambienti trans e multiculturali. Se il vero target strategico a cui guardare, per i marketer, non fosse più però quello dei trentenni ma la nuova generazione z ? Così sono stati definiti da certa sociologia i nati tra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni Duemila: nativi digitali per definizione, hanno vissuto da sempre un mondo iperconnesso e ciò ha inevitabilmente finito per influenzare la loro visione della vita, i loro valori, il loro immaginario di riferimento e persino il modo di socializzare nonché gusti e abitudini di consumo. Chi si illude, allora, di poter conoscere il profilo di un target come questo semplicemente adattando alla Generazione Z gli insight e le strategie che si erano dimostrate utili per i Millennial, sbaglia.

Da più parti si è provato, del resto, a tracciare ritratti più o meno accurati della generazione in questione e a evidenziare, a partire da questi, le strategie di marketing più adatte al loro modo di intendere e di vivere la dimensione del consumo. Generalizzando, a venirne fuori è stato che i ragazzi della Generazione Z sono mediamente più attenti alla carriera, alla stabilità finanziaria e ai soldi, propensi a seguire le orme lavorative dei genitori nonostante alcuni studi dicano il contrario, più intransigenti, meno fedeli ai brand e più esigenti, soprattutto per quanto riguarda qualità e servizio.

generazione z caratteristiche

Fonte infografica: AdWeek

Da business.com hanno provato a individuare così alcuni principi fondamentali per vendere alla Gen Z che ogni buon marketer dovrebbe conoscere.

1. Mostrare i retroscena

Sono ragazzi cresciuti a suon di selfie, anche estremi, e di snap inviati agli amici in qualsiasi momento. Un brand che vuole parlare loro con lo stesso linguaggio, allora, non può essere solo un’immagine statica sulla pagina Facebook ufficiale. Valorizzare il volto umano dell’azienda, far vedere cosa succede ogni giorno al suo interno, permettere agli utenti di familiarizzare con la quotidianità è il modo migliore per attirare l’attenzione dei giovanissimi.

2. Spiegare cosa si sta facendo per cambiare il mondo

La Generazione Z sembra essere anche mediamente più sensibile, rispetto alle precedenti, alle cause ambientali e sociali. I suoi membri sono spesso impegnati in attività di volontariato dopo il lavoro o l’università. Per questo hanno una speciale predilezione per i brand che si mostrano sensibili ai problemi e alle questioni sociali e che operano attivamente alla ricerca di una soluzione. Non si tratta solo di avere un ottimo programma di CSR sulla carta, si tratta di poter mostrare concretamente cosa si sta facendo per fare del mondo un posto migliore.

3. Dimenticare (o quasi) il sito aziendale

Non serve a tanto puntare su un’eccellente strategia di contenuti su piattaforme owned o su una altrettanto eccellente ottimizzazione seo : i ragazzi della Generazione Z vivono i social media come il proprio habitat naturale ed è probabile che non entreranno mai a contatto con i contenuti di un brand che non investe in una social media policy chiara ed efficace.

4. Non contare sulla brand loyalty

Più dei Millennial e delle generazioni precedenti, la Generazione Z è fatta di consumatori nomadi: amano passare da un brand all’altro alla ricerca del prodotto che soddisfa più e meglio le loro esigenze o che, semplicemente, assicura loro una migliore esperienza d’acquisto o di consumo. La vera sfida per i brand è, allora, fidelizzarli.

5. Non solo Facebook

È vero, la maggior parte dei ragazzi in questione ha un profilo Facebook, non lo ha chiuso nonostante abbia pensato spesso di farlo, ma non è raro che continui a considerarlo un posto per “vecchi”. Per arrivare alla Generazione Z, allora, investire solo sul social di casa Zuckerberg non basta. Non ci sono regolo d’oro, bisogna solo sperimentare, mostrarsi flessibili e riuscire a essere dove questi si ritrovano spontaneamente. In concreto, per esempio, può significare partire dall’includere Snapchat nella propria strategia di marketing.

Perché usare il print marketing per la Generazione Z?

Quello che forse non ci si aspetterebbe è che, come hanno dimostrato alcuni esperti di marketing, per convincere i ragazzi della Generazione Z potrebbe servire tornare, almeno in parte, al print marketing. Le ragioni? Sono tante, hanno a che vedere con quella preferenza dei ventenni per le esperienze brick-and-mortar e trovano metafora calzante in un dato (dello Student monitor, ndr) secondo cui l’87% della spesa per i testi scolastici è ancora su testi di carta.

Più in generale, la carta

  • aiuterebbe i più giovani a restare concentrati: sono abituati, infatti, a messaggiare mentre ascoltano una canzone su Spotify e seguono un webinar su YouTube, ma solo quando hanno tra le mani un flyer di un brand, per esempio, sono in grado di dedicargli attenzione esclusiva;
  • sarebbe vista come una forma di marketing non tradizionale: avvezzi al digitale, in altre parole, i ragazzi della Generazione Z sarebbero attratti dall’uso (ormai) anticonvenzionale della carta e lo considererebbero una sorta di attenzione e di coccola speciale, laddove i contenuti digitali sono ormai legati a un’idea d’abbondanza e ubiquità;
  • garantirebbe un’esperienza sensoriale e personalizzabile: se il neuromarketing insegna che le scelte d’acquisto si fanno coi sensi prima che con la ragione, il printed marketing ha, in questo senso, una tangibilità tutta sua, quella normalmente collegata con l’odore della carta, le sensazioni al tatto, etc; senza contare che, come dimostra il packaging dei prodotti alimentari e non solo, la possibilità di personalizzazione è un valore percepito a sé;
  • allunga il ciclo di vita di un messaggio di marketing, non costringendolo alla durata (quasi) istantanea di una Facebook ads, di un tweet sponsorizzato, etc.
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