Home / Macroambiente / Forse le policy Facebook per le presidenziali americane 2020 non proteggeranno il voto e quella con Ocasio-Cortez non è una totale sconfitta per Zuckerberg

Forse le policy Facebook per le presidenziali americane 2020 non proteggeranno il voto e quella con Ocasio-Cortez non è una totale sconfitta per Zuckerberg

Le policy Facebook per le presidenziali americane 2020

Parole d'ordine: trasparenza, accountability e buona informazione. Ecco le principali policy Facebook per le presidenziali americane 2020.

Più trasparenza, anche e soprattutto per quanto riguarda la spesa in advertising di leader e altre figure politiche; uno strumento speciale per proteggere account e pagine ufficiali da possibili attacchi hacker; ancora, un’etichetta che segnalerà visivamente e in maniera inconfondibile i contenuti che sono stati oggetto di fact-checking e si sono rivelati controversi: c’è questo e molto altro tra le nuove policy Facebook per le presidenziali americane 2020. Memore di quanto successo durante la tornata precedente e del ruolo che i social ebbero per l’elezione di Trump, diretto o indiretto, e in dovere di mostrarsi pubblicamente responsabile rispetto alla questione Cambridge Analytica, il team di Zuckerberg si è detto, infatti, desideroso di «fermare gli abusi e le interferenze alle elezioni che avvengono sulla piattaforma».

Così le policy Facebook per le presidenziali americane 2020 provano a evitare le intrusioni estere sul voto

Con una serie di precauzioni tramite cui assicurarsi che non ci siano intrusioni estere, da parte di soggetti stranieri sul voto dei singoli paesi, per esempio: il dubbio che ciò possa essere avvenuto durante le presidenziali americane del 2016, sul referendum per la Brexit e sul voto italiano per le politiche del 2018 sembra aver portato Facebook ad adottare un atteggiamento più protezionista, chiudendo già diverse pagine che avevano avuto un «comportamento inautentico» (questa la motivazione ufficiale fornita dal team Facebook) e cioè che pur essendo localizzate all’interno di uno stato – Iran e Russia, nel caso specifico – avevano scelto target esteri per i propri contenuti – come gli Stati Uniti, l’America Latina, ecc. – o avevano utilizzato in maniera ricorsiva, sistematica e organizzata account fake per diffondere e dare maggiore visibilità possibile ai propri contenuti. Tra le vere novità delle policy Facebook per le presidenziali americane 2020 c’è, però, soprattutto uno strumento come Facebook Protect: è un particolare programma pensato per proteggere gli account dei rappresentanti politici e del proprio staff, di soggetti istituzionali, di partiti e altri soggetti vulnerabili da possibili forme di hackeraggio o da intrusioni di terzi e che segnalerà login sospetti, sospetti tentativi di modifica delle password e altre attività anomale.

Parola d’ordine: trasparenza, dalle sponsorizzate alla gestione delle Pagine politiche

In materia di trasparenza, il team di Facebook sembra intenzionato a continuare la strada intrapresa quando a ogni pagina fu data la possibilità di rendere di pubblico dominio chi fosse tra i suoi gestori, rendendo più facilmente trovabili ora una serie di informazioni sul proprietario della pagina o sull’organizzazione che la gestisce.

Nel caso in cui si tratti di pagine di giornali, canali radio o altri media in particolare verrà segnalato se si tratta di «media statali», perché ogni utente possa avere subito un’idea chiara rispetto alla natura – e al rischio che questa sia spiccatamente propagandistica – dei contenuti proposti. Sono sponsorizzate e pubblicità, però, il vero punto critico per quanto riguarda la trasparenza: prima che la campagna elettorale per le prossime presidenziali americane entri nel vivo, da Facebook si sono ripromessi di perfezionare uno speciale tracker che dovrebbe dare a qualsiasi utente comune la possibilità di sapere quanto ha speso in pubblicità sui social ogni singolo candidato, se l’investimento è stato localizzato o rivolto a un particolare territorio e numerosi altri dettagli; una speciale autorizzazione dovrà essere richiesta poi da tutte le pagine, anche non direttamente riconducibili a un candidato o a un leader politico, che intendono sponsorizzare contenuti su temi sociali, politici o che riguardino direttamente le elezioni.

Come Facebook intende combattere la cattiva informazione quando si sta per andare al voto

Va da sé che anche la questione misinformazione e diffusione di fake news – del resto così statisticamente rilevante, come molti studi hanno dimostrato, durante le tornate elettorali – è affrontata dalle policy Facebook per le presidenziali 2020: la via che sarà seguita sarà ancora quella di un’etichetta con cui verranno segnalati, ma in maniera più evidente che in passato, post, immagini e video e informazioni che sono stati riconosciuti come «falsi» o «parzialmente falsi» da parte della community di fact-checker terzi a cui Facebook si affida già da tempo, in modo che sia l’utente a decidere in ultima istanza se consumare o meno quel contenuto; un simile avviso verrà mostrato quando e se l’utente cercherà di condividere contenuti controversi.

policy Facebook per le presidenziali americane 2020 etichetta fake news

Durante la campagna elettorale per le presidenziali americane del 2020, un’etichetta segnalerà, in maniera visivamente molto evidente, i contenuti controversi e oggetto di fact-checking, in modo che sia l’utente a decidere se “consumare” o meno quel contenuto.

policy Facebook per le presidenziali americane 2020 etichetta fake news 2

Una simile etichetta avviserà l’utente della possibilità che stia condividendo notizie false o manipolate ad arte.

Più in generale, non solo il singolo post che contiene notizie scorrette, non verificate o manipolate ad arte verrà penalizzato nel ranking e nascosto dalle ricerche tematiche o per hashtag , ma lo stesso dovrebbe avvenire per pagine e account che hanno lo stesso comportamento.

Almeno formalmente, le misure che il team di Zuckerberg intende implementare sembrano consapevoli, insomma, della capacità che i social hanno di sostituirsi ormai ad altri spazi pubblici e per il dibattito pubblico e del ruolo che tutto quello che circola al loro interno ha nel formare opinioni politiche, propensioni di voto e via di questo passo.

Perché il botta e risposta tra Mark Zuckerberg e la deputata americana Ocasio-Cortez non ha vinti né vincitori

Perché allora tante polemiche hanno accolto le nuove policy Facebook per le presidenziali americane 2020? La questione più controversa si è rivelata la decisione di Facebook di non fare più fack-checking sui post dei politici perché è suo dovere «incoraggiare la libertà di espressione» e lasciare che sia l’elettore a farsi, da solo, un’idea dell’affidabilità della persona o del partito che intende votare: queste le motivazioni ufficiali rese dal team di Palo Alto. È casuale però, fa notare The Guardian, che una decisione come questa sia stata presa dopo una riunione a porte chiuse tra Donald Trump e Mark Zuckerberg e senza che sia mai trapelato cosa si siano detti il CEO della piattaforma social più popolosa al mondo e un presidente di certo non nuovo a raccontare a media ed elettori fatti alternativi? Non verificare quello che i politici o i loro staff condividono su Facebook vuol dire che «posso usare i dati che ho a disposizione, per impostare come target specifico chi vive in aree abitate principalmente da black american e indirizzare loro contenuti che segnalino una data sbagliata delle elezioni per esempio?» ha incalzato la deputata americana Alexandria Ocasio–Cortez durante l’ultima audizione ufficiale di Zuckerberg al Congresso Americano. In effetti non mancano le prove che micro-targeting e dark ads siano stati ripetutamente, in più occasioni e in vista di più obiettivi diversi, utilizzati a uso e consumo del marketing elettorale. Né la risposta evasiva di Zuckerberg sembra essere stata rassicurante in questo senso, nonostante il team di Facebook abbia confermato più volte che, soprattutto quando si tratta di contenuti sponsorizzati e Facebook Ads, il fatto che siano riferibili a politici non costituirà deroga al normale e scrupoloso accertamento su visual, copy e numerosi altri aspetti che fa parte del processo di approvazione delle campagne.

‘So you won’t take down lies?’: Alexandria Ocasio-Cortez challenges Facebook CEO
'So you won't take down lies?': Alexandria Ocasio-Cortez challenges Facebook CEO

Proprio il serrato botta e risposta tra Ocasio-Cortez e Mark Zuckerberg, solo in parte dedicato alle policy Facebook per le presidenziali 2020, rende bene l’idea del perché è importante che una piattaforma come questa si mostri consapevole – e responsabile – del ruolo pubblico pervasivo che ha assunto nel tempo. C’è chi ha apprezzato in particolar modo, così, la capacità della deputata democratica del Bronx di mettere con le spalle al muro il CEO di Facebook: come in altre occasioni, quando è stato chiamato a testimoniare davanti al Congresso proprio per lo scandalo Cambridge Analytica per esempio, Zuckerberg si è mostrato poco collaborativo, a tratti incoerente nelle risposte, visivamente impacciato per la formalità della situazione. Forse proprio studiatamente impacciato come potrebbe essere qualsiasi nuovo professionista del digitale o della Silicon Valley, abituato a indossare ogni mattina la sua semplice, sempre uguale t-shirt grigia, catapultato improvvisamente in un mondo fatto di completi formali, di scranni, di ruoli gerarchici e formule secolari da ripetere. Nei pochi minuti di confronto con Ocasio-Cortez si ha quasi l’impressione, infatti, che persino l’appellarsi di Zuckerberg alla deputata con la formula «Congresswoman», più che una dovuta formalità, sia una sorta di provocazione. Se è diventato pop, per una certa parte dei media soprattutto, mostrare uno degli uomini più influenti di sempre in difficoltà davanti alle istituzioni, la verità che raccontano i resoconti diventati virali delle testimonianze e audizioni ufficiali di Zuckerberg è ben altra: in gioco con c’è mai solo il più grande scandalo di violazione della privacy degli internauti o le questioni di sicurezza legate alla nuova cripto-moneta di casa Facebook (formalmente, infatti, il confronto tra le deputata democratica e il CEO di Facebook era parte dell’audizione di quest’ultimo da parte del comitato affari economici del Congresso Americano riguardo a Lybra, ndr); in gioco c’è sempre il confronto tra due mondi completamente diversi, due mondi che hanno bisogno – e che è doveroso siano in grado – di darsi risposte reciproche. Risposte che, a loro volta, vadano ben al di là della vaga promessa dell’uno di rendere più sicuro, libero all’accesso e rappresentativo di tutte le idee politiche il suo spazio come policy per le presidenziali americane 2020 e dell’altrettanto vago deterrente, da parte dell’altro, delle sanzioni economiche. Finché questo non avverrà non si potrà chiedere a un soggetto privato, fuori dalla sua libera volontà di farlo, di muoversi come soggetto davvero neutro e super partes anche in una materia complessa come la cita politica di un paese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA È vietata la ripubblicazione integrale dei contenuti

Resta aggiornato!

Iscriviti gratuitamente per essere informato su notizie e offerte esclusive su corsi, eventi, libri e strumenti di marketing.

loading
MOSTRA ALTRI