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Meta ha lanciato ufficialmente la propria alternativa a Twitter: Threads

L'app è disponibile dal 6 luglio negli Stati Uniti e in Regno Unito e a poche ore dal lancio conta già svariati milioni di download. Contenuti solo testuali a parte, però, Threads di Meta è davvero così simile a Twitter?

Negli Stati Uniti e in Regno Unito da qualche ora è arrivato Threads, il social testuale di casa Meta che molti già considerano un’alternativa a Twitter.

Il progetto era noto da tempo, almeno tra gli addetti ai lavori: già da mesi era evidente che il team di Zuckerberg si riferisse con il nome in codice “P92” a una nuova piattaforma in fase di sviluppo che aveva come obiettivo principale smantellare la posizione dominante di Twitter nel campo dei social network di solo testo (o quasi).

Già lunedì 3 luglio 2023, anche se non era ancora possibile scaricarla, l’app di Threads era comparsa negli store di app per iPhone e dispositivi Android con un tempismo tutt’altro che casuale. In quelle ore uno strano Twitter down aveva costretto Musk a introdurre delle limitazioni sul numero massimo di tweet visualizzabili durante la giornata e a impedire di visualizzare i contenuti condivisi sulla piattaforma a chi non fosse loggato, cosa mai successa su Twitter prima di allora.

Nella notte tra mercoledì 5 e giovedì 6 luglio (ora italiana), Threads è stato reso ufficialmente disponibile per il download e, secondo dei numeri citati dallo stesso Mark Zuckerberg, sarebbe stato scaricato1 nelle primissime ore almeno cinque milioni di volte.

Cos’è, come funziona e cosa si può fare su Threads

«Threads è il luogo in cui le community si riuniscono per discutere di tutto»23 recita la descrizione ufficiale dell’app su Google Play e l’App Store di Apple.

threads cos'è

Le informazioni su Threads disponibili sull’App Store di Apple e su Google Play.

Tra le righe si può leggere la volontà di fare del nuovo social testuale di Meta il luogo ideale dove scambiarsi opinioni sui fatti del giorno, seguire le breaking news soprattutto se provenienti da paesi lontani o riguardanti argomenti di nicchia, interagire con politici, giornalisti e personaggi famosi o commentare Sanremo o il Super Bowl o l’attesissima ultima puntata della propria serie preferita come succedeva in origine su Twitter.

Ai tempi d’oro del social dei cinguettii è ispirata anche l’esistenza di un numero massimo di caratteri: su Threads si possono condividere post di massimo 500 battute, spazi inclusi. È un limite decisamente più alto di quello di 140 caratteri per cui inizialmente Twitter si distingueva nel panorama dei social e che più si avvicina agli attuali 280 caratteri consentiti agli utenti “base”, mentre chi usa Twitter Blue ha a disposizione uno spazio illimitato.

I “throot” – così qualcuno ha già iniziato a chiamare i post sul nuovo social testuale di MetaNota[ Vox https://www.vox.com/technology/2023/7/5/23785140/threads-instagram-meta-twitter-killer-mark-zuckerberg-elon-musk [/FootNota] – possono contenere link, immagini e video dalla durata massima di cinque minuti.

Gli altri utenti possono interagire con il singolo post su Threads mettendo like, commentandolo o condividendolo (in un’operazione molto simile al retweet).

I vari contenuti sono proposti all’utente in un feed da scrollare in verticale. Al momento non si può scegliere però chi seguire, né di visualizzare semplicemente in ordine cronologico i contenuti condivisi che è una delle impostazioni della prima ora che sembrano mancare di più a chi continua a frequentare i social. Threads propone a ciascun utente contenuti diversi, selezionati da un algoritmo tra quelli più affini ai suoi gusti e interesse, e non è dato sapere se in futuro ci saranno alternative alla selezione algoritmica.

Sembra comunque poco probabile, considerato che per competere con Twitter Meta ha puntato tutto sull’algoritmo di Instagram, unanimemente considerato tra i più potenti, nonostante periodicamente gli utenti lamentino di non trovare nella sezione “Esplora” contenuti davvero in linea con i propri gusti.

Il nuovo social testuale di Meta prova a fare concorrenza a Twitter partendo da Instagram

C’è chi come Casey Netwon ha sottolineato che proprio il fatto che si appoggi su Instagram è l’unica novità di Threads: un’app che, per citare fedelmente le parole del giornalista che da tempo segue le evoluzioni di ambienti e piattaforme digitali, se fosse stata lanciata in un altro momento avrebbe fatto «alzare gli occhi al cielo»4 a molti.

Per iscriversi a Threads bastano le credenziali di Instagram. Il profilo Instagram e il profilo Threads possono essere collegati in modo da condividere i “throot” anche sulle storie, se lo si vuole, ma soprattutto di ritrovare su Threads le stesse persone che già si seguono e con cui già si interagisce su Instagram. Per invogliare gli instagrammer a provare Threads, e con ogni probabilità perché una buona base di utenti renda più accattivante la nuova piattaforma agli occhi di internauti e investitori, sono già state inviate delle notifiche su Instagram per avvisare gli utenti che persone che seguono si sono iscritte e hanno pubblicato il loro primo “throot”.

La promessa è chiara: la community ha e avrà sempre un ruolo centrale nell’esperienza di Threats. Non è una promessa da poco: la preoccupazione di non riuscire a ritrovare altrove le cerchie affiatate e stimolanti che frequentavano su Twitter è stato uno dei motivi che fin qui hanno frenato molti dall’abbandonare la piattaforma nonostante non condividessero più certe politiche (come l’aver riattivato il profilo Twitter di Trump, l’aver smesso di moderare i post sul COVID-19 o quelle che hanno portato al licenziamento in massa e per email dei dipendenti di Twitter). 

L’arrivo ufficiale di Threads ha riacceso le rivalità tra Elon Musk e Mark Zuckerberg

A poche ore dal lancio ufficiale, persino il parterre di utenti famosi di Threads non ha niente da invidiare a quello di Twitter che, com’è noto, si è andato progressivamente svuotando in questi mesi, complice l’abbandono definitivo di numerose aziende come Balenciaga.

Tra gli utenti vip di Threads ci sono già Malala, Shakira, Gordon Ramsay, youtuber con un certo seguito come Jake Paul e MrBeast e inevitabilmente Mark Zuckerberg.

mark zuckerberg primo post su threads

Il primo “throot” di Mark Zuckerberg. Fonte: Threads/ @zuck

L’ultimo ha pubblicato prima un semplice messaggio di buon augurio, poi risposto con tono più polemico a chi lo ha accusato di copiare Twitter che Twitter non è «mai davvero riuscita»5 nella missione di creare «un’app su cui si svolgono conversazioni pubbliche tra più di 1 milione di persone».

Qualcuno ha letto in questa e in altre risposte di Zuckerberg alle domande ricevute su Threads il tentativo di aumentare l’hype sul presunto duello6 di arti marziali per cui i due imprenditori si starebbero allenando e che per un’intera mattinata, prima che il Ministero della Cultura intervenisse a smentire ufficialmente la bufala, si è creduto che potesse avere per arena addirittura il Colosseo.

In questi mesi, dopo che la stampa ha abbondantemente sventato i piani di Meta di dar vita a un’app rivale di Twitter, del resto non sono mancate frecciatine reciproche e accuse tutt’altro che velate. In una delle dichiarazioni più recenti alcuni dipendenti di Meta hanno citato il fatto che fosse «gestito in modo più sano»7 come una delle principali differenze tra Threads e Twitter, per esempio, alludendo senza dubbio alle scelte controverse fatte da Elon Musk in veste di patron di Twitter.

Ci sono dei dubbi su come Threads tratta i dati e si occupa della sicurezza degli utenti

Sull’azienda di Zuckerberg, e in particolare sul modo in cui gestisce i dati degli iscritti ai suoi servizi, ci sono comunque delle ombre in merito.

Al momento Threads non è disponibile in Europa8 e non lo sarà fino a quando non proverà di essere completamente conforme alle previsioni di Digital Markets Act e Digital Services Act, le due norme quadro che hanno l’obiettivo di rendere più trasparente e sicuro per tutte le parti in causa il mercato dei servizi digitali. La Commissione Europea da qualche tempo ha imposto, del resto, una stretta sulle piattaforme digitali e le responsabilità di chi le gestisce e compilato una lista di “sorvegliati speciali” in cui compare anche Meta.

L’azienda di Zuckerberg ha fatto sapere che ci saranno su Threads le stesse impostazioni per la privacy e per la sicurezza disponibili sugli altri social della compagnia. I profili Threads degli under 16, in particolare, sono impostati di default come privati. Gli utenti possono decidere chi può ricondividere i propri “throot” o interagire con il proprio profilo. Si possono impostare filtri per specifici termini o argomenti. È possibile bloccare o segnalare gli utenti da cui si è infastiditi e, soprattutto, gli utenti bloccati su Instagram non possono vedere né interagire con il proprio profilo Threads.

L’obiettivo sembra essere scongiurare altri scandali come quello di Cambridge Analytica o quello dei Facebook Paper che, negli anni, hanno minato la credibilità pubblica e la fiducia degli utenti nei servizi di casa Zuckerberg tanto da essere addirittura, secondo alcune tesi, tra le principali cause del rebranding di Facebook Inc. in Meta.

Una cosa è però fornire agli utenti strumenti di controllo della privacy e un’altra, completamente diversa, è mostrarsi proattivamente preoccupati della riservatezza e del corretto trattamento dei dati dei propri iscritti. La cronaca recente delle maxi multe a Meta per violazione del GDPR non fanno pensare che l’ultima sia davvero una priorità della compagnia.

Threads non è ancora il social decentralizzato e libero promesso da Meta

Rimane da capire, ancora, se Meta riuscirà a rispettare con Threads un’altra promessa, ossia quella di un social più decentralizzato e, per questo, libero.

Secondo i progetti originari, il social testuale di Meta dovrebbe avere di diverso da Twitter soprattutto la possibilità lasciata agli iscritti di interagire non solo con altri utenti Threads ma anche con chi usa piattaforme simili, come Mastodon, solo per citare la più famosa, o Bluesky, che è uno dei progetti a cui da tempo si dedica il co-fondatore ed ex CEO di Twitter Jack Dorsey.

Al momento questa possibilità non è ancora stata implementata, però, né si sa se e quando lo sarà.

Sembra volerci ancora tempo, insomma, perché un fediverso di spazi liberi e non controllati da soggetti commerciali occupi nell’immaginario comune quello che è stato per un decennio il posto delle piattaforme digitali.

Soprattutto, non sembra Threads l’agente deputato ad accelerare l’impresa.

Note
  1. Facebook/ Mark Zuckerberg
  2. App Store Apple
  3. Google Play
  4. Platformer
  5. Threads/ @zuck
  6. Rivista Studio
  7. The New York Times
  8. Bloomberg

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